Anche in assenza del campionato, i dirigenti del calcio italiano continuano a litigare sull’opportunità di far disputare gli allenamenti ai calciatori. La positività di dodici giocatori al coronavirus – ieri si sono aggiunti Pezzella e Cutrone della Fiorentina, Depaoli, Bereszynski e altri tesserati della Samp che il club non ha comunicato.
«Esprimiamo forte preoccupazione circa la tutela della salute dei tesserati qualora venissero ripresi a breve gli allenamenti e promosse altre attività di aggregazione – si legge nella nota dei medici della A – consigliamo in modo unanime di non riprendere l’attività fino a netto miglioramento dell’emergenza».
Gli allenamenti potrebbero riprendere a metà aprile, ci sono sei club in quarantena Juventus, Inter, Samp, Verona, Fiorentina e Udinese, non sarà una ripartenza immediata, il campionato potrebbe ripartire il 2 maggio e concludersi entro e non oltre il 30 giugno 2020, in modo da consentire anche lo svolgimento della Champions League e dell’Europa League.
Ieri intanto l’Aic ha tuonato con la nota di Tommasi: «Alcuni club irresponsabili, vogliono fare allenare i giocatori». La Figc parteciperà martedì alla riunione in videoconferenza promossa dalla Uefa per fare il punto sul calendario internazionale: andrà presa una decisione sul programma dei play off per Euro 2020, e sullo stesso toneo che potrebbe slittare ad agosto 2020 (improbabile l’ipotesi di un torneo a fine novembre) oppure all’estate del 2021. Intanto, dopo l’annullamento dell’amichevole tra Inghilterra e Italia, anche Germania-Italia prevista per il 31 marzo è stata annullata dalla Deutscher Fufball-Bund.
Lo stop dei campionati e delle competizioni europee rischiano di mandare in default il movimento continentale. Il calcio dipende principalmente dalla Champions League e dall’Europa League che distribuiscono numerosi ricavi, e buona parte dei club minori vive essenzialmente di queste entrate.
La Champions League e l’Europa League valgono complessivamente 3 miliardi, dei quali 1,4 miliardi finiscono nei forzieri delle squadre di club. Gli Europei da soli valgono 2,2 miliardi di euro: tolti i 700 milioni di spese, ci sono 371 milioni di premi per le 24 partecipanti e 775 milioni di introiti per le 55 federazioni affiliate, oltre a una fetta della torta – quasi 200 milioni – che finisce nelle casse dei club come compenso per «il prestito» dei propri calciatori alle squadre nazionali.
Lo slittamento dell’Europeo farebbe crescere le spese organizzative fino a un miliardo, ma questa sembra essere l’unica soluzione per cercare di salvare il salvabile; la necessità di concludere i campionati nazionali, la Champions League e l’Europa League nasce dalla ricaduta economica negativa che si rifletterebbe sula vendita dei diritti tv di ogni singola Lega nazionale; le televisioni sono il motore del calcio, lo valorizza, lo diffonde, ne protegge il livello tecnico. Senza i soldi delle tv, si chiude: il concetto è chiaro a tutti.
FONTE: Il Tempo – S. Pieretti