Ventura, che Juve-Roma sarà?
«Una partita che farà bene al calcio. Ultimamente è stato raro vedere partite di questo livello con così poca differenza di punti fra le due squadre: non è solo prima contro seconda, ma anche la sfida della possibile “apertura” di questo campionato. E se non sarà pareggio, inciderà: un punto di vantaggio sarebbe niente, a +7 la Juve sarebbe già campione d’inverno».
Inciderà anche il fattore Juventus Stadium?
«Non so, ma i numeri sono pazzeschi. E alla fine contano quelli, non i se e i ma».
Da allenatore come la imposterebbe?
«Vi rispondo così: l’impostazione tattica inciderà. Solo contro una squadra molto inferiore bastano le qualità dei singoli».
Che Juve ha visto ultimamente?
«Da spettatore neutrale, complimenti ad Allegri: quella che ha battuto l’Atalanta può competere tranquillamente anche in Champions, al contrario di quella di Palermo. Prima mezzora di altissimo livello, forse la miglior partita dell’anno: una risposta da grande squadra. Quella che può dare anche la Roma: è la partita della possibile consacrazione. E anche al di là del risultato: se fai una grande partita lo sai a prescindere da come finisce».
A proposito di Champions: Juve-Porto e Napoli-Real Madrid.
«Spero non si offenda nessuno: alla Juve poteva andare peggio. La sfida del Napoli è affascinante, e lo sarebbe stata ancora di più con l’andata al San Paolo. La squadra di Sarri sta giocando molto bene: non sono convinto che debba per forza uscire, proprio no».
Torniamo a Juve-Roma: chi può deciderla?
«Il suo ritorno nel derby ha confermato che Dybala è uno dei pochi giocatori che può cambiare una partita e…».
E c’è chi ha scomodato Messi.
«Che lascerei stare: se hai Messi devi solo mettergli un dottore attaccato, a cui chiedere “Fammelo stare sempre bene”. E a Messi al massimo puoi dire: “Stai un po’ più a destra”».
E nella Roma?
«Salah, avendo automatizzato certe situazioni, permette di fare cose “uniche”. Senza di lui, possono essere decisivi in tanti, non uno solo. Può essere decisiva la squadra».
Il duello Higuain-Dzeko?
«La certezza e l’incertezza. Mi spiego meglio: Higuain è Higuain: è quello, e lo sai. Dzeko ha già dato tutto? Non lo sappiamo, magari ha altre qualità a cui non abbiamo neanche pensato».
Bel test, contro la «sua» difesa.
«Dopo aver visto allenarsi quei quattro ho capito il perché di tante prestazioni: nel dna hanno una determinazione feroce, anche nell’incamerare nuove conoscenze. Un master quotidiano per Rugani, che prendo come esempio della mia fiducia nei giovani: quando tutti scuotevano la testa, io vedevo il futuro più roseo di quanto si immaginava».
Un centrocampo che ha perso prima Vidal e poi Pogba contro un centrocampo di combattenti come Nainggolan e Strootman: può pesare?
«I giocatori importanti sono importanti per tutti: li sostituisci con giocatori altrettanto importanti, che però devono lavorare per diventare parte integrante di quel gruppo. Ma nel calcio uno più uno non fa mai due. Il calcio è: vediamo quanto fa uno più uno».
Che la Juve abbia più equilibrio e solidità difensiva si è già visto?
«Cosa si dice di chi insegue la Juve? Che deve acquisire il cinismo dei bianconeri. Sono cose che vengono strada facendo, se credi ciecamente in quello che fai».
Come ha fatto De Rossi, si direbbe: una sorpresa anche per lei?
«No, perché tutto nasce da un suo merito: il lavoro che ha fatto prima dell’Europeo. Ci era arrivato in difficoltà a livello fisico: era a un bivio, si è messo in discussione e e ha capito che solo con un certo tipo di impegno poteva tornare ad essere il De Rossi al top. Si è allungato la carriera, e con me non ha sbagliato una partita».
Milan-Atalanta sarà la «sua» partita anche più di Juve-Roma?
«Mi piace pensare sia uno spot per la mia Nazionale, come le partite del turno successivo lo furono per lo stage. In tanti fecero benissimo, ma quella domenica li avevo mandati a vedere tutti dicendo fra me e me: “Se si comportano da divi, vuol dire che non sono pronti”».
Gasperini si era un po’ risentito per i tanti convocati per lo stage.
«Per conoscere i giocatori bisogna vederli, potergli dire: “Presentati e dimmi chi sei”. Lavoriamo per questo: perché si presentino. E comunque quando ho parlato con lui delle mie idee, Gasperini era entusiasta: è stata una cosa nata e finita lì. Di sicuro so che in Italia non potrà mai succedere come in Germania, dove a livello giovanile il rapporto federazione-club, anche a proposito di lavoro tattico, è più intenso che da noi».
Questo Milan la stupisce?
«I risultati del Milan finora sono ottimi e si vede che i giocatori credono fortemente in quello che fanno, ma la verità la sapremo fra due-tre mesi: la loro crescita da svolta, se ci sarà, deve iniziare adesso».
Quanto è cresciuto Locatelli?
«Gli abbiamo fatto saltare due nazionali: essere chiamato per uno stage è una convocazione vera e propria, ma questo non significa essere già pronto per la Nazionale. Però, se non lo sarà, non si tratterà di bocciatura: significherà solo che gli serve altro tempo».
Ma il campionato italiano e o non è allenante?
«Più competitività c’è, e meglio è per tutti: questo è oggettivo. Forse con due squadre in meno il campionato potrebbe diventare più competitivo, ma non voglio far nascere una questione di stato, solo sottolineare un dato di fatto: non dovrebbe mai succedere che a dicembre si possa dire che l’unica incertezza riguarda le qualificate all’Europa League».
Cosa pensa della Var?
«Tutto quello che migliora il calcio e lo rende più giusto va accettato, ma non credo al “tutto e subito o niente”: va bene per un gol dentro di due metri come quello di Muntari, un rigore e rosso per una respinta sulla linea, non per un fuorigioco. I nostri guardalinee sono i migliori al mondo, e quella deve restare competenza dell’arbitro: altrimenti che si fa, ogni volta si ferma tutto per andare a vedere la moviola? Piuttosto, sapete quale sarebbe una mia utopia?»
Dica pure…
«Arbitri e guardalinee che seguono alcuni allenamenti delle squadre: se avessero visto come Zeman lavorava sulla linea difensiva, per loro non sarebbe stato più facile giudicare?».
L’eterno dilemma: un c.t. è solo selezionatore o anche allenatore?
«Se hai qualità in abbondanza come aveva Lippi puoi fare solo il selezionatore, in caso contrario fai l’allenatore. Conte avrebbe voluto essere da subito allenatore, ma ha potuto farlo davvero solo quando ha avuto a disposizione 40 giorni: ed è nata davvero la sua squadra».
E quanto è psicologo oggi un allenatore?
«I calciatori oggi sono attenti, smaliziati: non puoi raccontargli favole. Pretendono attenzione, conoscenze, correttezza perché sono disponibili a dare. La chiave non è andarci a cena ma avere stima reciproca: se dai tutto questo, restituiscono».