Il suo sbarco a Trigoria è avvenuto il 9 giugno dello scorso anno, proprio mentre Tiago Pinto stava iniziando a ripensare il vivaio romanista. E per farlo al meglio ha scelto proprio Vincenzo Vergine, un passato tra Lecce (dal 1998 al 2006) e Fiorentina (dal 2007 al 2019). Adesso che è alla Roma, per Vergine l’obiettivo è di trasformare i ragazzi in uomini e calciatori.
La Roma scelta dall’era per il convengo che effetto le fa? “Fa piacere, è chiaro, anche perché è su un tema che ci sta a cuore come la formazione degli allenatori. La nostra vocazione resta territoriale, il bacino di utenza di Roma e del Lazio è uno dei punti di forza del club. Ma con Pinto abbiamo ampliato le visioni e l’eco ha riconosciuto in noi un’anima internazionale. Sarà un momento di crescita e di confronto”.
Con un occhio particolare alla formazione degli allenatori… “La mia visione prevede uno sviluppo globale pluriennale. L’allenatore spesso non può andare oltre le 8 ore settimanali di lavoro sul calciatore, ma allo stesso tempo vogliamo che abbia conoscenze globali delle aree che interessano il suo sviluppo. Spesso trattiamo i giovani come piccoli uomini, ma la verità è che ogni età ha peculiarità diverse”.
Perché è stata scelta la Roma? “Non dimentichiamo il merito della proprietà: ha visione internazionale e voglia di investire. Dirlo è facile, poi servono i fatti. Un esempio tra tanti: lo scorso anno abbiamo individuato un’area di Trigoria per uno spazio dedicato al lavoro individuale dei ragazzi, con strumenti, attrezzi e tecnologie utili allo sviluppo dei loro skills. In tempi rapidissima la proprietà ci ha dato l’okay e le risorse economiche.”
I ragazzi a Trigoria vengono seguiti a 360 gradi… “La sfida è implementare le ore di lavoro, l’obiettivo è dare 100 ore individuali in più ai ragazzi in un anno. Per farlo abbiamo puntato sulle professionalità. Alberto De Rossi è una grande risorsa, ho voluto la sua esperienza al servizio di allenatori e calciatori. Poi Roberto Menichelli, che cura la performance tecnica e individuale e Marco Cassetti, ex calciatore. Un team che migliora le singole attività tecniche, ma che lavora anche su psicologia e scuola. Vogliamo arrivare a ottenere un certificato di qualità: un timbro per i calciatori che escono dal vivaio. Con un obiettivo ben chiaro”.
Quale esattamente? “Non vogliamo essere un team oriented: le classifiche contano, ma se la vittoria diventa uno strumento. Dobbiamo dare i calciatori alla prima squadra, quello è il risultato vero. E credo che la strada sia giusta, se pensiamo a Zalewski, Bove, Volpato o Felix. E poi a chi si è già affacciato come Missori, Keramitsis, Ivkovic e Cassano. Il risultato e la mentalità vincenti sono importanti, ma la formazione è fondamentale. E avere giovani in nazionale o prima squadra per noi conta più di vincere le partite”.
La Roma preferisce crescerli in casa i calciatori o andarli a trovare altrove? “La vocazione resta territoriale, abbiamo il bacino più importante di Italia. Lo scorso anno è partito il progetto ASRomaxRoma, dove siamo aperti a oltre 120 club di Roma e del suo hinterland. Andiamo in questa direzione, dove Bruno Conti è uno dei primi collaboratori e guarda ai talenti del territorio. Poi è chiaro che si debba cercare pure il talento internazionale. Quello degli stranieri è un falso problema: la questione è individuare quelli bravi”.
Si parla bene di Ivkovic… “Dove vediamo un calciatore di grande prospettive lo prendiamo, magari cercando di farlo in anni in cui possiamo ancora formarli”.
Come si relaziona Mourinho con questo progetto? “In tanti anni è il tecnico a cui ho visto dare maggiore attenzione ai giovani. È presente, vede spesso le partite, i calciatori si sentono attenzionati. Alla Roma c’è un’integrazione e una condivisione dei processi che è massima. Un esempio, gli allenamenti della prima squadra e della Primavera che coincidono come orari. Lavoriamo in sinergia con Tiago Pinto e Mourinho”.
L’obiettivo è quindi formare calciatori per la prima squadra… “O rappresentare un’opportunità per il club, come con Felix. Non tutti possono essere da Olimpico. Vogliamo dare alla prima squadra giocatori come Zalewski, ma non tutti i percorsi sono uguali e non i calciatori possono essere titolari”.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – A. Pugliese