La sconfitta è una cosa, l’umiliazione è ben altro. Fonseca quando perde, lo fa male. Non è riuscito a trasmettere al gruppo una mentalità da grande. La Roma crolla al primo accenno di difficoltà, di rado ha tenuto botta. La partita di Manchester è l’emblema: il crollo è avvenuto in una situazione di vantaggio. Nell’ultimo decennio, solo con Luis Enrique, all’epoca novizio, aveva subito questo tipo di pesanti umiliazioni.
La Roma di Fonseca rischia il tracollo, dal momento che le motivazioni sono finite e la squadra rischia di mollare con sei partite ancora da giocare. Lo score contro lo United cancella quanto di buono fatto fino a quel momento nella competizione. Contro le big è stata disastrosa, con le piccole trend altalenante. Il primo scricchiolio, lo scorso anno: Paulo torna da Reggio Emilia con un poker subito dal Sassuolo, quella fu la sera dello strappo con Petrachi. Da lì, altre due sconfitte di fila contro Bologna (in casa, 2-3) e a Bergamo (2-1), poco prima del lockdown.
Alla ripresa, pesanti le cadute con Milan e Udinese, entrambe per 2-0, per non parlare poi della fine della stagione con la debacle di Duisburg (2-0) contro il Siviglia. Al di là del risultato: la Roma non è stata mai in partita in queste occasioni. Così come nella stagione attuale, a Napoli (4-0) e Bergamo (4-1), per non parlare del 2-4 negli ottavi di Coppa Italia contro lo Spezia (trasformato in 0-3 per l’errore grossolano nelle sostituzioni commesso dal tecnico e dal team manager – poi allontanato – Gombar). Altro 3-0 non a tavolino, ma sul campo, quello nel derby contro la Lazio. Fanno parte della storia recente, le cadute di Parma, di Torino e quella di Cagliari.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni