Nessuno scommetterebbe più un centesimo sulla permanenza di Paolo Berdini nella giunta Raggi. Eppure è ancora lì, appeso a un filo che non si spezza. La sindaca non ha alcuna voglia di sobbarcarsi le deleghe così pesanti dell’Urbanistica, la vicenda dello stadio incombe su Roma ed è partita la difficile caccia al sostituto. Due nomi sembrano in testa e i loro curricula sono stati sottoposti al vaglio dei consiglieri comunali: quello di Carlo Cellamare, docente di Urbanistica alla Sapienza, e quello di Paola Cannavò, docente di Tecnica urbanistica all’università della Calabria. L’idea sarebbe quella di spacchettare l’assessorato di Berdini, dando alla Cannavò i Lavori Pubblici. Ma nulla è certo, e anche per questo dal Campidoglio filtra la notizia del «gruppo di affiancamento», di cui potrebbero fare parte i nomi circolati. La confusione è alta: uno stato di tensione che sembrava sfociare in un esito definitivo già nella sera di mercoledì. Dopo una giornata funestata dall’intervista pubblicata dalla Stampa e da una debole smentita seppellita dall’evidenza della registrazione, il comunicato con il quale si dava il benservito definitivo a Berdini era pronto e firmato. Alle 22 stava per essere inviato, quando da Roma si è deciso di temporeggiare ancora, rinviando la decisione alla giornata successiva. La sindaca, furibonda per le parole pesantissime di Berdini, è stata convinta dal suo staff a non schiacciare il pulsante fatale. Se dovessimo impiegare giorni — è stato il ragionamento — a trovare un nuovo assessore, nel frattempo tu ti dovresti assumere le deleghe. Non proprio quello di cui ha bisogno una sindaca che già si trova oberata dal peso di un’amministrazione complessa come quella romana.
I vertici, nel frattempo, hanno cambiato idea più volte. Dopo qualche ora di incredulità sulla veridicità del colloquio, Grillo si è convinto prima a una soluzione di compromesso (il congelamento delle dimissioni), poi a un taglio netto. Più cauto sarebbe stato Davide Casaleggio, anche se alla fine c’è stata una convergenza sulla linea: Berdini se ne deve andare, trovi la Raggi le modalità migliori per non restare in un vuoto pericoloso. E così la patata bollente è rimasta alla sindaca. Che ha temporeggiato per ragioni non legate solo alla questione delle deleghe e del sostituto. I suoi consiglieri l’hanno persuasa a far sbollire la rabbia e a fare in modo che la decisione fosse collegiale, attribuibile a un’incompatibilità collettiva con la giunta, e collegata a ragioni di divergenze politiche, più che di risentimento personale. Non solo: Berdini è in possesso di una serie di dossier, sullo stadio e sulle altre questioni urbanistiche, che ha curato gelosamente, e per i quali servirebbe un passaggio di consegne morbido e non segnato da un contrasto così profondo.
Tutte ragioni più che comprensibili, che vanno però a infrangersi su una gestione mediatica difficile: chi mandare in tv, si interrogano i responsabili della comunicazione, per difenderla? E con quali argomentazioni? Troppo imbarazzante questa impasse. Imbarazzo che cresce in questa terra di mezzo tra dimissioni e conferma. Ieri è arrivata la lettera di un gruppo di intellettuali, tra i quali Alberto Asor Rosa, Tomaso Montanari e Fulco Pratesi: un sos per chiedere alla Raggi di non fare «il gioco dei cementificatori e dei distruttori di Roma», a causa di un «incidente» giornalistico. Appello che sembra arrivare fuori tempo massimo, perché già la linea rigorista di Berdini sullo stadio risultava in netta minoranza. Tra i primi nomi che sono circolati per sostituirlo c’era quello di Emanuele Montini, ex di Italia Nostra, che ieri ha visto la Raggi. Ma dal Campidoglio smentiscono, alla ricerca dei sostituti starebbe dando una consistente mano anche la Casaleggio Associati, a Milano. A far pendere la bilancia sempre più dalla parte del finale di partita con Berdini, c’è anche l’annullamento della sua audizione, prevista per oggi, davanti alle commissioni congiunte Urbanistica e Personale, statuto e sport. E la posizione di ostilità largamente prevalente tra i suoi colleghi in giunta. Divisa, invece, l’Aula, dove diversi consiglieri temono che l’addio di Berdini comporti anche un cedimento sulla questione del nuovo stadio.