A forza di italianizzarsi, la Roma a vocazione offensiva s’è arenata in un catenaccio. Dietro le quinte del primo rovescio italiano di Fonseca c’è la ricerca di equilibrio in una squadra che proprio degli squilibri aveva fatto finora la propria forza. In 3 giorni, la Roma è passata dalla vittoria sfrontata a Bologna, conquistata attaccando al 94’ nonostante l’inferiorità numerica, alla sconfitta interna con l’Atalanta giocando una partita tutta difesa e (poco) contropiede. Il risultato è che per la prima volta dopo 340 giorni (l’ultima il 20 ottobre 2018 con la Spal) è rimasta senza segnare in casa.
Paulo Fonseca ha scelto dopo un quarto d’ora di adattarsi agli avversari anziché sfidarli rinunciando al modulo tradizionale per una difesa a tre: era andata bene una settimana fa alla Dinamo Zagabria, è andata malissimo a lui, schiantato senza appello o quasi dalla furia di un’Atalanta che su quel terreno è maestra come nessuno in Italia. Alla fine ha provato a nascondersi dietro un dito: «Noi avremmo voluto fare la stessa partita di Bologna, merito dell’Atalanta se non siamo stati capaci di un atteggiamento offensivo. Ma se avessimo sfruttato le occasioni avute sullo zero a zero…».
E in effetti per un’ora le uniche due vere palle gol le hanno avute su due ripartenze Dzeko e Zaniolo. Ma la trappola era tesa e l’ingresso nella ripresa di Zapata – in gol al quarto tocco di palla – era la tagliola disposta da Gasperini per far sua la preda. Innervosita dalla cattura (e dall’errore sotto porta di un Kalinic in versione milanista) al punto da confezionare una frittata collettiva al 90’, con sonno profondo di mezza difesa, per il raddoppio di De Roon. E pensare che Fonseca alla vigilia aveva avvertito sul rischio di cedere all’entusiasmo: «Non abbiamo fatto nulla, spero che la squadra lo capisca». Niente da fare.
Deluso chi a Trigoria desiderava ardentemente una rivincita sportiva su quel Gasperini che per settimane in estate s’era lasciato corteggiare dall’idea di allenare la Roma per poi scomparire in un silenzio di ghiaccio. «Abbiamo avuto una superiorità netta», alla fine ghignava l’allenatore atalantino, che il gran rifiuto l’ha spiegato con i sentimenti: «La Roma affascinava tantissimo, ma andare via era impossibile, sarebbe stato di una ingratitudine esagerata, qui era la stagione della vita». Per l’Atalanta è la terza vittoria in tre trasferte, dove non perde da 9 partite, con il sorpasso proprio sui giallorossi. Abbastanza per alimentare il sospetto che, più che per motivi di cuore, preferendo Bergamo a Roma Gasperini abbia scelto semplicemente la squadra più forte.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci