I tifosi dell’Inter, sabato pomeriggio, a San Siro hanno osannato Mourinho come si fa con le divinità, e la cosa ha pure creato anche qualche malumore nei romanisti, “gelosi” del loro condottiero.
Il tributo, però, è più che giustificato e a farlo non dovrebbero essere solo gli interisti, ma tutto il calcio italiano: la Champions del «triplete» conquistata nel 2010 resta infatti l’ultimo trofeo internazionale vinto da una squadra italiana.
Dopo di lui qualcuno ci è andato vicino – Allegri due volte in Champions con la Juventus, Conte in Europa League con l’Inter, oltre a Di Francesco e Fonseca che hanno ottenuto due semifinali prestigiose con la Roma – ma nessuno è riuscito ad alzare una coppa. Ci proverà di nuovo José, seppure in una competizione minore come la Conference League, e almeno per questa stagione è l’unico rappresentante del calcio italiano che potrà provarci.
I calciatori che ha allenato nella sua carriera hanno spesso detto che per lo Special One si sarebbero buttati nel fuoco. A Roma, forse, il livello di empatia tra la squadra e l’allenatore non è ancora quello, ma la strada intrapresa sembra quella giusta. “Mourinho – le parole di Zaniolo al sito della Uefa – è uno dei più forti allenatori al mondo. Ha inculcato in tutti l’arte del non mollare mai, dell’unirci l’uno per l’altro per portare a casa i risultati. E speriamo di vincere qualcosa con lui”.
E se a parlare è uno di quei calciatori con cui Mou sta usando il bastone e non solo la carota, le parole hanno ancora più valore. «Dal primo giorno abbiamo subito lavorato per provare a fare qualcosa di importante quest’anno. Con il mister che sa come fare a vincere, penso che abbiamo più possibilità. Riuscirci sarebbe motivo di grande orgoglio, un punto di partenza e non un punto d’arrivo. Per i tifosi e per noi significherebbe tantissimo: 14 anni di attesa per un titolo sono troppi, quindi proveremo a vincere. Il mio rapporto con i tifosi? Posso soltanto ringraziarli perché mi sono stati sempre vicini e saranno sempre nel mio cuore».
Un altro calciatore che con Mourinho è cresciuto tantissimo è Abraham. «L’ho sempre considerato – le parole dell’inglese – una figura paterna e secondo lui Roma è il posto migliore per me in questo momento; posso lasciare un segno nel calcio italiano e farmi conoscere in tutto il mondo, non solo in Inghilterra».
FONTE: Il Corriere della Sera – G. Piacentini
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