C’era un mondo diverso prima dell’odissea, personale e colletti va. Quando correva senza paura, straripante, Nicolò Zaniolo giocò un derby pazzo e sfortunatissimo nel quale incocciò su due pali, con promessa di rivedersi presto. Era sempre il mese di settembre, due anni fa: Zaniolo aveva ancora le ginocchia originali, non ricondizionate dai chirurghi, e non conosceva la minaccia pandemica che si apprestava a cambiare le nostre vite. Era un ragazzo un po’ arzillo e un po’ incosciente, con la gioia di un futuro pieno di belle storie.
Da allora però Zaniolo non ha più potuto incontrare la Lazio, soffrendo tra due dolorose operazioni e momenti di indicibile sconforto. Stasera, sperando che Mourinho lo confermi nel consueto ruolo di ala destra o anche al centro dietro ad Abraham, azzererà il conteggio a 756 giorni. Senza l’ossessione del gol, che sarebbe il primo in un derby e anche il primo in Serie A dopo il secondo infortunio. Si impegnerà soprattutto per ritrovare la migliore versione di se stesso, che potrà emergere solo con un congruo numero di partite.
Per questo ha giocato quasi sempre, finora, anche se solo una volta per novanta minuti, nella prima stagionale in Conference a Trebisonda. In campionato, tolta l’espulsione con la Fiorentina e la giornata di squalifica che ha scontato a Salerno, Mourinho lo ha sostituito tre volte su tre, anche giovedì scorso contro l’Udinese, proprio per non spremerlo troppo.
Quando i calciatori rientrano dagli infortuni, fanno più fatica a recuperare tra una partita e l’altra. Nel caso di Zaniolo, l’accortezza gestionale deve essere addirittura doppia. Ma la fiducia dell’allenatore – perfettamente ricambiata è intatta e non verrebbe scalfita da altre performance così così: se la Roma può ambire a traguardi importanti, si aggrappa anche e soprattutto alla rinascita definitiva di Nicolò.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida