Se avesse potuto scegliere l’occasione ideale per dare una risposta – chiara e potente – alle accuse che, via tv, gli erano piovute addosso mercoledì sera da Fabio Capello, Nicolò Zaniolo non avrebbe potuto piazzare una scelta migliore di quella confezionata contro il M’Gladbach.
Per zittire l’allenatore del terzo scudetto giallorosso («Non prendere la strada di Zaniolo», il monito di Don Fabio al giovanissimo interista Esposito), Nicolò, protetto ieri prima dal suo agente e dalla mamma e poi dal dirigente De Sanctis («Capello è stato goffo»), ha firmato con la consueta forza fisica e con rinnovata abilità aerea la rete della Roma.
Un colpo di testa da centravanti (già, centravanti…) smaliziato su angolo di Veretout: ottavo centro da romanista e ottavo gol allo stadio Olimpico. Casa sua, ormai. Aveva bisogno, la rabberciatissima Roma di Paulo Fonseca, di qualcuno che la prendesse per mano sulla strada per l’Europa, e Zaniolo, che ha esultato turandosi polemicamente le orecchie, non si è tirato indietro. Imitato in questo dai suoi compagni, protagonisti di una gara che avrebbe nettamente meritato un altro finale.
Ha salutato il campo, Nicolò, con la Roma ancora davanti (il pensiero di Fonseca probabilmente è andato al Milan),cioè prima che lo scarsissimo Collum si inventasse in pieno recupero un rigore inesistente. Resta, una volta asciugati il sudore e la pioggia, la certezza amara che della Roma, e dei giocatori della Roma, sono in tanti, anzi in troppi a parlare a sproposito.
Da lontano, e non solo, e senza conoscere a fondo uomini e situazione. Zaniolo è stato probabilmente soltanto l’ultimo romanista in ordine di tempo a esser accusato in maniera gratuita da chi pensa al mondo Roma in modo ambiguo, sparando sentenze da bar dello sport e sporcando l’immagine di club e squadra. Non solo sprecando fiato, ma in questo caso addirittura fallendo l’obiettivo. Una situazione che, al di là di tutto, la Roma non può, non deve più tollerare.
FONTE: Il Messaggero – M. Ferretti