Per una stagione giocatore della Roma, poi allenatore dello Shakhtar. Che esperienza è stata quella in Ucraina?
“Bellissima esperienza, sono stato il primo italiano a sbarcare da quelle parti, per invito del presidente che mi fece vedere gli impianti sportivi e il vecchio stadio. La squadra era agli inizi, non aveva vinto nulla, l’egemonia della Dinamo Kiev era totale e riuscimmo a vincere il campionato. Un’esperienza straordinaria, vincemmo campionato e coppa al primo anno. Di quella squadra è rimasto solo Pyatov, tutti gli altri hanno cambiato squadra, ora la squadra è completamente nuova e interessante”.
C’era l’idea di creare qualcosa a lungo termine? “Sì, il presidente è di grande livello economico e culturale, mi chiama sempre a Natale e in occasione del mio compleanno per gli auguri. Loro hanno rivolto le loro attenzioni al mercato brasiliano, quando è arrivato Lucescu hanno acquistato giovani interessanti e giocatori affermati, facendo una squadra di notevole livello tecnico. Hanno vinto anche la Coppa UEFA contro il Werder Brema nel 2009, il loro obiettivo è aumentare queste capacità, anche se hanno avuto la sfortuna di incappare in questo periodo di guerra che li ha condizionati moltissimo”.
Com’è vivere in Ucraina? “Noi che siamo nel mondo del calcio siamo privilegiati, è difficile paragonare il nostro modo di vivere con quello della gente comune. C’è distacco sociale tra coloro che stanno bene e quelli che lavorano giornalmente per mantenersi. Questa grande differenza ha un peso importantissimo sulla popolazione. Per me è stata un’esperienza straordinaria, ho incontratoi persone umili e di grande livello culturale. La città non è bellissima, è una città mineraria, nasce dalle miniere di carbone, si sta sviluppando adesso. Ora non conosco quale sia la situazione, la guerra ha limitato molto i loro obiettivi. Mi son trovato bene, ho vissuto un anno straordinario, al di là dei successi. Conosco da vicino le grandissime difficoltà in cui questa popolazione vive”.
Che idea si è fatto di Roma-Shakhtar? “Non sarà facile, lo Shakhtar è una squadra tecnicamente molto forte. Ha qualche debolezza in fase difensiva, a centrocampo sono molto forti, con giocatori individualmente straordinari. Credo che la Roma abbia le possibilità di farcela, giocando all’Olimpico, ma deve essere concentratissima, rischia se non sarà convinta al 100% di superare questo turno”.
Dobbiamo attenderci uno Shakhtar pronto a difendere o si giocherà la partita per le loro caratteristiche? “Non verrà a difendersi, perché sa che sarebbe sconfitto in partenza. Cercheranno il gol nel primo tempo, se riusciranno a farlo le cose non si metteranno bene per la Roma. Sarà una gara da 50 e 50, volendo fare percentuali. Se la Roma è convinta, concentrata e determinata a livello fisico è superiore, però a livello tecnico loro sono molto forti e imprevedibili, giocano sull’imprevedibilità e la fantasia. I brasiliani hanno nel loro DNA il fatto di essere giocolieri, per la Roma non sarà facile controllarli, sono talmente abituati a grandi alternative di gioco che metteranno in difficoltà anche la Roma, sicuramente”.
Qual è la cosa che le piace di più della Roma di quest’anno e quale quella che le piace di meno? “Non mi è piaciuta la discontinuità, ho visto la squadra un po’ superficiale. Il calcio esige sempre grande concentrazione, Di Francesco batte molto su questo argomento. Mi piace come si diverte in alcuni momenti, quando i giocatori fanno gol si abbracciano in modo entusiastico. Ci sono individualità interessantissime, non faccio classifiche, ma è una squadra che mi piace, quando vuole giocare lo fa per se stessa e per il pubblico”.
Nelle sue esperienze c’è stato un anno di Roma da calciatore, cosa le è rimasto? “E’ indimenticabile. Ero 18enne, ho avuto la fortuna di incontrare alcune persone che mi hanno aiutato molto. Feci 28 partite su 34, ricordo il debutto col Brescia, il gol a Vicenza. Ho tantissimi ricordi, li porto con me in ogni momento”.
Che cosa le ha lasciato Oronzo Pugliese? “È complicato tornare indietro di quasi 50 anni, ma se vogliamo definire Pugliese come allenatore possiamo dire che dal punto di vista tecnico non può essere paragonato agli allenatori odierni, ma era un tecnico molto focoso, sanguigno, che spingeva, caricava al 100% col suo modo. Era un modo abbastanza incredibile di affrontare le partite e gli argomenti, era preparato a modo suo. Era una grandissima persona, che controllava dove andavi di notte, ci sono tanti aspetti difficili da definire in pochi minuti. Mi ha fatto debuttare e non era da tutti, i giovani non sempre sono apprezzati. Aveva il coraggio di fare certe cose, lo ringrazierò sempre. Dal punto di vista personale aveva grandi limiti, non si fidava dei giocatori, telefonava per vedere se ero in casa. A quel tempo probabilmente funzionava, aveva delle caratteristiche particolari che oggi sarebbero impensabili”.
Dopo gli anni d’oro al Parma, ci fu la possibilità di venire alla Roma? “C’è stata una possibilità nel dopo-Ranieri, prima di Montella. Ero in azienda, sono un agricoltore a tempo pieno, ricevo una telefonata dei dirigenti di allora e mi dicono che ci sono alcuni problemi tra Totti e Ranieri, io risposi che se ritenevano di gestire la situazione sarei stato pronto. Poi la settimana dopo la Roma si riprese e la cosa finì lì, ma sarebbe stato un ritorno importante, sfumato per alcuni motivi”.