aette nel gelo. Nell’intervallo, tradizionalmente destinato al tè caldo, e a fine partita, prima del lungo sfogo mediatico. José Mourinho ha incenerito i giocatori della Roma per la figuraccia norvegese. Soprattutto quelli che non ritiene adeguati, per caratteristiche fisiche e/o tecniche, al suo modo di intendere il calcio. Chi era presente nello spogliatoio di Bodo assicura che siano volate parole pesanti. «Tra voi c’è gente che non giocherebbe nemmeno qui in Norvegia, o nemmeno in Serie B» erano più o meno i concetti espressi dall’allenatore, che la squadra ha assorbito senza fiatare. Meglio non rispondere quando Mourinho si arrabbia così. (…)
Ieri mattina, dopo le poche ore di sonno a Trigoria, Mourinho non ha rincarato la dose. E ha cominciato a dedicarsi al Napoli, una partita che si annuncia delicata anche sul piano ambientale: fin qui i tifosi hanno sempre sostenuto la squadra e la proprietà, ma cosa succederebbe se l’ex Spalletti dovesse infilare la nona vittoria consecutiva? E’ possibile che Mourinho, chiamando in causa i «12-13 giocatori della squadra principale», volesse responsabilizzare i titolari spronandoli a una reazione immediata. (…)
A gennaio i Friedkin, che non sono certo caduti dalle nuvole ascoltando l’anatema controù le riserve, proveranno ad accontentare l’allenatore con almeno due rinforzi: un centrocampista e un terzino destro, nella speranza di cedere alcuni dei giocatori che non servono. Ma da qui alla riapertura del mercato mancano oltre due mesi. E perché la Roma resti almeno quarta in classifica non basterà «pregare in Vaticano perché nessuno si infortuni», come sostiene Mourinho. Servirà l’unità d’intenti che uno spogliatoio a due velocità rende più complessa.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida