Ah, che nostalgia dei grattacieli. Ricordate? Le tre torri disegnate da Daniel Libeskind, quei gioielli di architettura che avrebbero dato all’area di Tor di Valle, dove forse sorgerà il nuovo stadio della Roma, la patente di moderno polo affaristico, come succede a Milano, come succede in tante altre metropoli europee. A Roma, non succederà. Le torri alla sindaca non piacevano, perciò sono state cancellate con un colpo di spugna, insieme a qualche fondamentale opera pubblica, a cominciare dal Ponte di Traiano. In compenso, sono rimasti tutti i vincoli e vincoletti, mentre i rischi di una viabilità impazzita, con qualche milione di euro in meno per il potenziamento del trasporto su ferro, sono diventati certezze.
«NIENTE OSTACOLI» – Perciò, a ormai cinque anni dall’inizio di questa storia – la firma sull’accordo tra James Pallotta e Luca Parnasi che sancì l’avvio del progetto Tor di Valle –, e in attesa del prossimo appuntamento della seconda Conferenza di servizi (data ancora da fissare), la domanda, lacerante, è sempre la stessa: si farà lo stadio della Roma? L’ultima in ordine di tempo a sbarrare la strada al progetto è Clara Lafuente, architetto come il padre Julio che disegnò l’ippodromo, la quale, senza mezzi termini, racconta a Il Tempo che «il progetto è una grave offesa, la tribuna non si tocca, spostate lo stadio o blocco tutto». Ora, siccome nei prossimi giorni il Mibact le riconoscerà ufficialmente il diritto d’autore sull’ippodromo, il rischio che la Clara Lafuente faccia sulserio c’è. Con quali esiti? «Ci siamo confrontati in Giunta proprio oggi con Virginia Raggi e Montuori – raccontava ieri un serafico Daniele Frongia –: confermiamo la nostra volontà politica rispetto al progetto dello stadio e la Conferenza dei servizi, del resto, è agli sgoccioli. La questione del vincolo? Non riteniamo sia un ostacolo, se la signora Lafuente ha un diritto nessuno glielo può privare, la questione mi sorprende ma non mi preoccupa. Si risolverà col buon senso».