L’esibizione della Roma al San Paolo ha preso il campionato in contropiede. Che poi sembra il classico gioco di parole, con il successo certificato dall’efficacia dei giallorossi al momento di ripartire verso la porta di Reina. Il risultato, comunque, ha avuto l’impatto che nessuno avrebbe mai messo in preventivo alla vigilia, anche pesando i 19 punti di vantaggio della capolista prima di scendere in campo. Il ribaltone in 7 giorni, dal flop contro il Milan alla resurrezione con il Napoli, è stato sorprendente, avendo coinvolto ogni aspetto messo in discussione nella settimana che ha preceduto il big match. Dzeko, definendo la prestazione perfetta, non ha sbagliato. Una notte, all’improvviso: ritrovata la quadra e la zona Champions. Niente da dire al gruppo che ha convinto fisicamente, tatticamente e mentalmente. Di Francesco e i giocatori potranno in futuro spiegare come è nata la virata, ma di sicuro il collettivo ha fatto la differenza proprio contro il coro di Sarri che rimane il più intonato della serie A.
TREND DI GARANZIA – Non è certo la novità dell’ultimo weekend che la Roma in trasferta vada meglio che in casa. Basta guardare il raccolto: 28 punti su 53 li ha conquistati nelle 13 partite giocate lontano dall’Olimpico (8 vittorie, 4 pareggi e 1 ko). Il rendimento nelle 14 gare giocate davanti al proprio pubblico è inferiore: 25 punti (8 successi, 5 sconfitte e 1 pari). Di Francesco, del resto, ha sempre ammesso che la sua squadra è più efficace quando si mette in viaggio. Semplicemente perché gli avversari lasciano più spazi. Al San Paolo, però, è stato evidente quanto il sistema di gioco possa incidere sulla compattezza della squadra. Il 4-1-4-1 che spesso si è trasformato nel 4-5-1 ha dato sicurezza e al tempo stesso coraggio agli interpreti. L’esame è stato autentico perché contro il Napoli, capace di palleggiare in velocità e con insistenza. Baricentro basso, linee vicinissime, verticalizzazioni improvvise e pressing solo nella propria metà campo: l’assetto ha tenuto e soprattutto prodotto. Perché solo i giallorossi hanno segnato 4 gol a Reina in 27 partite di campionato. Solo il City, in Champions. E nessuna italiana è arrivata a 3. L’allenatore, fuori casa, ha spesso usato questo accorgimento, passando in fase difensiva dal 4-3-3 al 4-1-4-1, con De Rossi o Strootman a schermare il reparto arretrato. Alisson, sabato sera, ha incassato 2 reti e compiuto diverse parate, ma al momento ha preso più gol all’Olimpico (15) che in trasferta (7). E lo scarto di 8 fa riflettere (quelli segnati sono gli stessi, dentro e fuori: 22).
FIDUCIA RECIPROCA – Di Francesco, nella serata chic al San Paolo, ha ritrovato Nainggolan e Dzeko, protagonisti assoluti nella stagione scorsa. Sono stati sul mercato nella finestra invernale. E, come ha ammesso proprio il centravanti, hanno faticato a riprendersi, subendo anche critiche eccessive e subdole. Il tecnico, però, non li ha mai abbandonati o scaricati. Dzeko ha giocato 35 partite su 35 (32 da titolare). Lui e Nainggolan sono riemersi proprio con il 4-1-4-1 a conferma che il segreto del loro exploit con Spalletti non è stato il 4-2-3-1. Che l’allenatore potrà pure riproporre, in partenza o in corsa. Ai giocatori, comunque, ha spiegato, nei colloqui avuti dopo i 2 ko di fila contro lo Shakhtar e il Milan, quanto conti l’atteggiamento. Se lavorano di squadra, cioè collaborando e sacrificandosi, si fatica meno. Sia con la testa che con le gambe. E la prestazione non è mai parziale, come è accaduto in 9 match, ma completa. Sale l’attenzione in campo. E la Roma in classifica.