“Non dico che ce la dovevamo aspettare, questa roba orrenda, ma forse potevamo presentarci al virus un po’ più preparati, come individui, come società. Adesso temo la bancarotta o l’oblio. Sono romanista da prima che nascessi”.
Roma, che sembrava anche calcisticamente nel suo destino… “Ma poi non è successo. E’ vero, ho sognato di rilevare la società, ma in un giorno lontano”.
E la città della sua infanzia? “Testaccio. Da dove del resto proviene anche Claudio Ranieri, il mio attuale tecnico alla Sampdoria. Erano tempi liberi e insieme complicati. Chi aveva dei problemi andava a rubare i portafogli sugli autobus, annavamo a fa er quajo come si diceva. Eravamo poverissimi, si faticava ad arrivare a fine giornata. I maglioncini duravano per generazioni. Le toppe invecchiavano sui gomiti. I valori erano traguardi veri. Aridatece i valori! levateje i telefonini! Mio padre diceva: discoremo. Parlatevi ragazzi! Noi mangiavamo la frutta che scartavano a via Ostiense, c’è una bella differenza”.
Ma lei come si definirebbe? “Un artista di strada, uno che va in giro con lo strumento, pane amore e fantasia. Ero nato per quello, ho sempre avuto i tempi della commedia”.
FONTE: Roma TV