La personalità dell’Empoli dipende dalle certezze che dà il gioco…
“Esatto. I giocatori non dimenticheranno mai il modo in cui hanno vinto in casa di Juve e Napoli. E così sfideranno la Roma con la fiducia di batterla”.
Lei ha allenato Totti e De Rossi. Vero o falso che un maestro di calcio farebbe fatica in un grande club perché i campioni storcerebbero il naso? “Falso. Io con Totti e De Rossi mi sono trovato benissimo. Dipende da che persona sei: i ragazzi ti inquadrano in fretta. Prima di essere un allenatore, io sono un uomo con i miei comportamenti e la mia sensibilità. Il rapporto con la squadra è come quello con i figli, solo che nello spogliatoio sono venticinque. Serve sempre un indice di attenzione altissimo. E sa qual è la principale difficoltà di questo lavoro? Far sentire la mia squadra più forte di quello che è”.
Perché dell’esperienza con la Roma viene ricordata solo la finale di coppa Italia e non tutto il resto, come la vittoria sulla Juve e la rimonta in classifica? “Perché il mondo del calcio spesso manda messaggi superficiali per arrivare alla pancia del tifoso. Un giudizio oggettivo dipende dalla voglia di trasmettere la curiosità, le difficoltà, le bellezze. A Roma passai da inadeguato a fenomeno e poi di nuovo a inadeguato: non ci restai male perché do peso solo al giudizio di chi mi conosce”.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – G. B. Olivero