Un portentoso fascio di luce illumina il cammino della Roma: lo irradia Javier Pastore, e chi altrimenti. Passano appena 74’’ e il «Flaco» incanta la platea con un colpo di tacco vincente da cineteca, poi il «maleducato del calcio» (definito così dal c.t. dell’Ar gentina Diego Armando Maradona alla vigilia del Mondiale in Sudafrica nel 2010) disegna pure un tracciante da piazzato per il tocco di Manolas sotto porta del 33. E la Roma rialza la testa […]. Nella serata in cui l’attacco dell’altro mondo è per lunghi minuti quello dell’Atalanta di Emiliano Rigoni, alla fine Pastore si prende la scena e il cuore dell’Olimpico riannodando il filo tattico con l’Huracan elettrico di Angel Cappa, quella squadra argentina che nel 2009 diventò all’improvviso un lampo di bel gioco durato appena 19 partite: cioè fino a quando Javier rimase in squadra accanto a talenti quali Bolatti, Arauco e Defederico, lungo il sentiero del 2° posto del Clausura di quell’anno. Perché il tecnico Eusebio Di Francesco ieri lo ha rimesso nella posizione a lui più congeniale dopo l’esordio contro il Torino: esterno alto a sinistra in avvio, pronto a spostarsi in mezzo, dove poi stabilmente ha giocato nella ripresa infuocata di ieri. […]
E all’Olimpico lui l’ha fatto, il Pastore. Non ancora a pieni giri, magari. Ma servendo sempre quella palla col contagiri (come in occasio ne del prezioso assist non sfruttato appieno da Schick nel finale) di cui la Roma avrà sempre bisogno d’ora in poi: “Nel secondo tempo, siamo scesi in campo con un’altra voglia, con più carattere”. […] Con un Pastore che da ieri ha cominciato a guidare il suo gregge.