Pagato troppo poco per essere forte, pagato troppo per il curriculum che aveva a 28 anni, pagato pochissimo rispetto a chi andava a sostituire, il portiere più costoso della storia del calcio, Alisson: se ne son dette tante, e non poteva essere altrimenti, sullo svedese dai piedi «così così» che veniva da Copenaghen per diventare il nuovo numero uno della Roma, ma ad oggi Olsen è senza dubbio uno dei migliori acquisti di Monchi. Proprio lui che si portava dietro l’ombra più lunga di tutte è riuscito a non trasformarla in un peso, sforzo ammirevole in una città in cui viene tutto ingigantito e alla prima «papera» si rischia di entrare in un vortice di negatività. Il lungagnone di Malmo ha mantenuto la promessa: «Farò dimenticare Alisson» e, in effetti, pure se la separazione è recente, il fantasma del brasiliano sembra essersi accasato a Liverpool senza biglietto di ritorno. «Quando sono arrivato – ha raccontato nell’intervista al Match Program del club – c’era molta pressione nei miei confronti, era appena stato ceduto un portiere fantastico e sapevo che avrei dovuto mostrare sul campo il mio valore. Sto lavorando duro ogni giorno, ogni minuto, per dimostrare di essere all’altezza». Dalla manona messa per evitare la beffa Giaccherini nel già deludente pari col Chievo alle parate con cui ha evitato un passivo più pesante a Madrid col Real, fino all’ultima trasferta di Napoli dove ha confermato la sua crescita tra i pali: «Qui per me era tutta nuovo, c’è voluto un po’ di tempo, ho dovuto ambientarmi. Lavoriamo ogni giorno per migliorare. La differenza tra il calcio da cui provengo e quello italiano è enorme, la serie A è nettamente migliore: adesso gioco con calciatori più forti e contro calciatori più forti». E magari, come al San Paolo, gli capita di finire sotto assedio (26 tiri dei partenopei), ma fa di tutto per resistere: «Purtroppo abbiamo incassato un gol all’ultimo minuto, al fischio finale mi sembrava di aver gettato due punti, a mente fredda possiamo essere soddisfatti del punto conquistato, anche se ovviamente giochiamo sempre per la vittoria».
Quel gol di Mertens allo scadere è il 16° subito in stagione, a fronte di 5 gare a porta inviolata, in una Roma sicuramente più fragile difensivamente parlando rispetto a quella di Alisson, che dopo 13 incontri in giallorosso contava 9 reti incassate e 7 «clean sheet». Più palloni finiti alle spalle di Olsen, è vero, ma i numeri dicono anche che il nuovo numero uno ha fatto già più parate del vecchio: 45 totali, di cui 1 nell’area piccola, 25 in area di rigore e 19 sui tiri da fuori, 17 in casa e 28 in trasferta, per una media di 3,4 a gara. Alisson ne ha fatte 153 con la maglia della Roma per una media di 3,1 a partita, e quest’anno è fermo a 26 parate in 13 match col Liverpool, 7 finiti senza gol subiti. La nuova missione dello svedese romanista è tra due giorni al Franchi, se la vedrà con Simeone jr, Pjaca e quel Federico Chiesa che Monchi ha corteggiato a lungo: «Mi aspetto una partita difficile, l’obiettivo è tornare da Firenze con i 3 punti».