Non è quasi mai stato così forte, Edin Dzeko. Non a questo punto della stagione, almeno. Quattro gol nelle prime cinque giornate, quattro gol in tre partite all’Olimpico, senza nemmeno giocare sempre. Come Higuain, tale e quale. Stesso rendimento per due centravanti che fino a un paio di anni fa erano considerati dello stesso livello e che adesso nell’immaginario collettivo sono molto distanti tra loro. E pensare che domenica sera, dopo un paio di gol sbagliati contro la Fiorentina, Dzeko era finito di nuovo nell’alveare dei dubbi, punto da tante api feroci da social network.
CHE SPRINT – Soltanto una volta, però, Dzeko era partito meglio in un campionato. Anche in quel caso era una seconda stagione, quella 2011/12 al Manchester City, conclusa con la pazza rimonta al West Brom e il festeggiamento dello “scudetto”. Dopo cinque giornate di Premier League, all’epoca, Dzeko era già a quota 6. Alla fine sarebbe arrivato a 14, con un contributo decisivo nell’ultima giornata. Nemmeno nella seconda stagione al Wolfsburg, la 2008/09, in cui segnò complessivamente 26 reti e conquistò la Bundesliga, era riuscito a marciare a questi ritmi iniziali: dopo cinque giornate era “solo” a quota 2.
ALTALENA – Dzeko non è un sicario d’area di rigore. Non lo è mai stato. Forse l’equivoco, il gap tra aspettative e realtà, ha provocato la frustrazione dei tifosi della Roma: «Se fossi un centravanti da 50 gol, varrei 80 milioni e forse adesso non sarei qui» raccontava in estate a Boston, mentre preparava sorridendo la sua rivincita. Quello che a Dzeko non piace di Roma è l’altalena degli umori: «Un giorno sei fenomeno, un giorno ti mandano a fare… un giro. Questo non aiuta». Ma è il primo a sapere di aver giocato al di sotto del suo standard. E anche mercoledì, dopo la seconda doppietta italiana che ha chiuso la pratica Crotone, ha ammesso le proprie colpe: «Devo migliorare, non posso sbagliare così tanto come è successo a Firenze. E anche stavolta avrei potuto segnare di più». Con questa frase, più che con i gol, ha forse conquistato definitivamente Spalletti. E può lanciare la sfida agli altri centravanti stranieri che stanno impallinando gli stadi della Serie A: oltre a Higuain, di questi tempi si stanno divertendo Icardi e Bacca. Dzeko è l’unico europeo: «Ma non penso agli altri. Penso solo a stare bene io».
AIUTO – Del resto alla Roma non ha recapitato solo una dote 4 gol, che nella scorsa stagione in campionato aveva ottenuto addirittura alla venticinquesima giornata, fermandosi poi a 8. Dzeko ha favorito il gol di Strootman a Cagliari con la torre-assist. E si è anche guadagnato due rigori importanti e/o decisivi, contro Udinese e Sampdoria, e probabilmente ne avrebbe meritato un altro nella sciagurata notte di Firenze, per quel contatto con Tomovic che ha fatto litigare a mezzo stampa Sabatini e Corvino.
FEELING – Se si è finalmente ritrovato, trasformando i fischi in applausi, lo deve al duro lavoro effettuato in estate: ha perso peso, o meglio massa grassa, si è allenato con continuità senza avere problemi fisici, si è presentato al via del ritiro di Pinzolo con l’umiltà e la grinta di chi ha ancora voglia di misurarsi ad alti livelli. Spalletti gli ha chiesto di andare più spesso in profondità completandone le caratteristiche di attaccante che gioca per sé e per gli altri. Ma la vera svolta è stata il legame naturale che si è instaurato con Francesco Totti, il calciatore che più di tutti esalta le caratteristiche dei compagni. «Con Checco è più facile giocare – dice con il sorriso Dzeko – basta che corri in avanti quando vedi che il pallone sta arrivando sui suoi piedi. Sai già che lo metterà nel punto giusto».
OPZIONE – Semplice ed essenziale, eppure non sempre facile da applicare. Nella gestione Spalletti, prima di Roma-Crotone, Totti non aveva mai giocato dall’inizio in 28 partite. E con Dzeko, in senso assoluto, aveva cominciato una partita soltanto nel settembre 2015 contro il Frosinone, con Rudi Garcia in panchina e un 4-2-3-1 molto simile a quello visto mercoledì. Ne sono uscite, guarda caso, due vittorie per la squadra. Ma il dato più significativo è un altro: giocando insieme, Totti e Dzeko hanno garantito un malloppo di 6 gol in 148 minuti, cioè uno ogni 24. A Spalletti spetta ora il compito di farli coesistere più spesso, nei momenti giusti, senza sbriciolare l’equilibrio tattico.