Gian Piero Gasperini è un uomo tranquillo. Una volta venne quasi alle mani con il Papu Gomez perché non voleva spostarsi di fascia. Un’altra volta spintonò nel tunnel un dirigente della Samp dopo un’espulsione. Una volta diede del simulatore a Chiesa, un’altra volta a Immobile. Lui non cerca mai scuse, piglia quattro gol in casa dalla Roma e se la prende col Var per un fuorigioco evidente di un suo calciatore. Sull’altra panchina, rispetto a Gasp, Mourinho sembra don Bosco.
Gian Piero Gasperini non è un litigioso. Non ha mai avuto da ridire con nessuno, a parte Mihajlovic, Commisso, De Zerbi, Pioli, Lotito, Sarri, Simone Inzaghi, Maran e persino Claudio Ranieri, che non saprebbe litigare neppure con Genny Savastano. Non è vero che Gasperini ce l’abbia con gli arbitri: le sue dichiarazioni sono sempre state concilianti: “Questi signori sono un problema“, “Vengano a spiegarmi, ci mettano la faccia“, “Noi dell’Atalanta facciamo antologia sui rigori presi“, “Sono stato mandato fuori da un ragazzino“: si trattava di Livio Marinelli da Tivoli, 37 anni, arbitro e maresciallo dell’Esercito italiano con cui fu in missione di pace in Afghanistan, probabilmente per prepararsi a conoscere Gasperini.
Sempre teso, animato da oscuri rancori, a volte acido. Se vince è brillante, se perde è un piangina. Anche per questo i tifosi avversari lo detestano, nonostante la bellezza indubbia dell’Atalanta. Gian Piero Gasperini è un prodotto della Juventus, come allenatore restò per un decennio nel vivaio bianconero: per diventare davvero antipatici agli avversari, essere juventini non è indispensabile, ma aiuta.
Quando un suo dirigente diede del terrone a un tifoso del Napoli, Gasp non fece una piega. E forse volò a Siviglia con i sintomi del Covid addosso. Resta di lui la meravigliosa Atalanta, ma anche l’Inter delle 3 sconfitte in 4 partite. Molto peggio quando prese a male parole un ispettore dell’antidoping a Zingonia e se la cavò con una nota di biasimo e 378 euro di multa. Scene non bellissime, con Gasp troppo spesso in evidente fuorigioco. Si vede anche senza Var.
FONTE: La Repubblica – M. Crosetti