È ancora l’uomo nero. Tre anni dopo aver chiuso in modo traumatico la sua esperienza in Italia, Claudio Gavillucci continua ad essere arbitro. Non in Italia, dove la vecchia Aia non l’ha voluto, ma in Inghilterra, dove la divisa del direttore di gara era e restia soprattutto nera. Da qui il titolo del suo libro-denuncia, l’Uomo nero. È dalla terra d’Albione che è rinato, come un’araba fenice, ritrovando la voglia e la passione di arbitrare.
Gavilucci, come va con il calcio inglese? “Bene, molto bene. Qui c’è la storia del calcio, che si respira in ogni stadio”.
Anche lontano dai palcoscenici della Premier? “Certamente. Le dico che quando arbitro gare di Nation League sugli spalti ci sono una media di quattromila spettatori. E si gioca spesso di martedì sera”.
Tornerebbe ad arbitrare in Italia? “Dopo le vicende giudiziarie tra me e l’Aia non credo sia possibile”.
Ma non c’è una possibilità di fare pace? “Sono stato contattato, visti i buoni rapporti con il presidente Trentalange, dagli avvocati della Figc per una conciliazione. Non ho chiesto il reintegro ma la possibilità di realizzare un progetto di informazione e formazione per club, allenatori e anche giornalisti”.
E come è andata? “Che la mia proposta ha trovato la resistenza della parte conservatrice dell’Aia ed è stata lasciata cadere”.
Dispiaciuto? “Sì, perché oggi l’associazione sta pagando i danni di anni di miopia e inadeguatezza”.
Si riferisce all’attuale crisi arbitrale? “Certo. I segnali che si sarebbe arrivati a questa situazione erano noti a tutti. O meglio, quasi a tutti”.
Il designatore Rocchi si ritrova una classe arbitrale modesta… “A Gianluca, che devo ringraziare per non avermi abbandonato nel momento più difficile, quando è diventato designatore ho detto: decidi solo con la tua testa e vedrai che sarai ripagato”.
Nel suo progetto c’era una figura di coordinatore tra arbitri e leghe… “Sì, sul modello inglese, dove c’è una struttura che tiene i rapporti con le leghe e con una figura tecnica arbitrale all’interno di ogni società. Così si istruisce su regole e regolamenti a tutti i livelli, dai professionisti alle giovanili”.
Andrebbe educato anche l’utilizzo della Var? “Certo, perché è vero che è l’arbitro ad utilizzarla ma sono le società che usufruiscono della tecnologia. In Premier, lo scorso campionato dopo cinque giornate in cui sono stati assegnati discutibili rigori con l’uso della Var, c’è stata una riflessione comune e si è invertita la rotta”.
Da noi, invece, sembra di stare sulle montagne russe… “Dopo Inter-Juventus avevo pronosticato che si sarebbe arrivati a questo. Roma-Milan e domenica scorsa a Venezia me ne hanno data conferma. La colpa è di un’applicazione non uniforme e di una soglia del fallo troppo bassa”.
FONTE: Il Messaggero – R. Avantaggiato