Aggrappata con le unghie e la speranza all’Europa. Eccola lì, la Roma. Deludente e in caduta libera all’interno dei confini nazionali. E impegnata, giovedì sera ad Amsterdam, nel primo tempo da novanta minuti del “quarto” contro l’Ajax: l’ultima, complessa occasione per dare un senso all’attuale stagione e per sognare ancora la Champions della prossima. Al di là di come andranno le cose in Europa, però, Paulo Fonseca non sarà più l’allenatore della Roma a partire dal prossimo primo luglio.
Ce lo stanno dicendo, ormai da mesi, i silenziosi Dan & Ryan Friedkin, i proprietari del club con l’interruttore della voce perennemente posizionato su off. Una separazione scontata, perché il portoghese non sta centrando in campionato i risultati auspicati e, soprattutto, perché Fonseca i Friedkin ce l’hanno trovato, non è una loro scelta. Dan & Ryan tacciono, ma al loro posto parlano i contatti, cominciati già nell’autunno dello scorso anno, con altri allenatori, Maurizio Sarri in primis e “testato” in maniera diretta già in un paio di occasioni.
Tutto già deciso, al punto che – suggeriscono le voci capitoline – neppure la vittoria dell’Europa League metterebbe il portoghese al riparo dall’addio. La Roma è una squadra senza leader. Fragile, quindi. Morbidosa, molle. Vulnerabile con irrisoria facilità sotto l’aspetto tattico e stabilmente priva di cattiveria. Il gentil Fonseca ci ha messo del suo e i calciatori, tifosi solo di se stessi, hanno completato la sconcertante opera.
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti