Non pensava proprio, non voleva arrivare così al Giorno. Non voleva nove punti meno dell’Inter, né affrontarla con quattro assenze pesanti, senza centravanti, senza un uomo per tamponare e aggredire Perisic. Sperava di presentarsi baldanzoso, poi c’è stata Bologna. Ma la speranza di fare bella figura stasera, anzi di farne una bellissima, non l’ha affatto abbandonato. Roma–Inter per Mourinho è il fuoco che arde nel petto, una cosa molto “emossionale” direbbe lui, anche se sarebbe stato peggio a San Siro, quindi per contrappasso ha scelto la vigilia fredda, la conferenza stampa annullata anzi evitata.
Stavolta va per sottrazione, tanto il silenzio fa rumore lo stesso, e si è defilato da un proscenio che sarebbe stato solo suo per concentrarsi sulla squadra, per non darle alibi e al tempo stesso per caricarla al massimo, lo ha fatto eccome in questi giorni, le chiede un favore più Special di lui: andare oltre i propri limiti, e battere per cortesia l’Inter, la sua amata Inter, che oggi incontra per la prima volta da quell’addio nel 2010, 22 maggio, Champions appena vinta e lui che fugge dal Bernabeu, asciugandosi i lacrimoni sull’auto di Florentino Perez.
Si sono tanto amati, poi a strade separate non hanno più toccato quella felicità piena, quell’aderenza perfetta l’uno dentro l’altra, quel successo assoluto, senza discussioni, da scolpire nel bronzo. Il Triplete, figuriamoci. Poi il tempo passa, addirittura 11 anni, più di quattromila giorni, e ci si ritrova. Il giorno arriva, e ci si accorge che quell’amore è diventato il ricordo di un amore, un tenero affetto, ma il fuoco non c’è più. Dell’Inter di José, unita dall’immancabile chat che pare sia ancora vivace e di recente ha sfottuto il suo condottiero ora avversario, non è rimasto nessuno, a parte Javier Zanetti, e Piero Ausilio che nel 2010 si affacciava in prima squadra da aiutante di Marco Branca: non c’è più Moratti, non ci sono più i giocatori, nemmeno la Curva è più la stessa, cambiati tutti.
La tifoseria nerazzurra in genere è stata piuttosto tiepida in questa vigilia, nessun canto d’amore per José, il tempo è passato, e poi chi ama più, ormai? C’è altro a cui pensare. Ci poteva essere il ritorno di fiamma nel 2019, poi Marotta scelse Conte, José masticò amaro, ma si farebbe squartare piuttosto che ammetterlo. Stasera vorrebbe prendersi una rivincita grassa, altro che amata Inter. Anche se qui è circondato da apprendisti e ragazzi a cominciare dai dirigenti, c’è tanto lavoro da fare, nessun paragone possibile con la sua squadra di un tempo, che iniziò a guidare proprio contro la Roma, in una Supercoppa vinta ai rigori nel 2008.
FONTE: Il Messaggero – A. Sorrentino