Non molla. Anzi, rilancia. Mentre il progetto stadio non vede ancora la luce, le voci su presunte – e al momento fantasiose – trattative per la cessione della Roma non si stoppano, la Curva Sud lo contesta e forze più o meno oscure della città lo spingono a farsi da parte, James Pallotta non ha la minima intenzione, ad oggi, di cedere il timone del club. L’ultima prova è – secondo quanto risulta a Il Tempo – una disponibilità già espressa dal presidente a varare il terzo aumento di capitale della sua gestione, giunta al nono anno.
Nella prima settimana di ottobre il cda di As Roma si accinge ad approvare un altro bilancio in perdita, nonostante 130 milioni circa di plusvalenze realizzate sul mercato e i 70 milioni ricavati dalla partecipazione alla Champions. Con la prospettiva di un’annata in cui la squadra non giocherà la coppa più ricca, i conti peggioreranno ancora visto che nel frattempo il presunto taglio dei costi è rimasto un obiettivo solo a parole.
E allora la prossima assemblea dei soci potrebbe essere l’occasione giusta per parlare della ricapitalizzazione che potrebbe materializzarsi durante il 2020, dopo la chiusura dell’esercizio aperto a luglio. Da quando ha iniziato l’avventura in giallorosso, la proprietà americana ha investito oltre 300 milioni di euro fra acquisto del club, primo aumento di captale condiviso con Unicredit, quote della banca successivamente rilevate da Pallotta&Co.
I vari finanziamenti soci garantiti negli anni per consentire alla Roma di sostenere i costi e quasi 90 milioni spesi per progettare uno stadio rimasto su carta. Il secondo aumento di ca- pitale made in Usa si è chiuso a giugno 2018 per un conto di 100 milioni di euro, che ha portato la proprietà americana a detenere complessivamente l’82.16% delle azioni di As Roma.
Ma il «piatto piange» di nuovo e il patrimonio netto è sceso a 7.5 milioni circa dopo l’ultima assemblea straordinaria degli azionisti, alla quale il cda aveva chiesto di utilizzare integralmente le riserve sovrapprezzo azioni, legali e azionisti per coprire le perdite di 233 milioni di euro, registrate alla chiusura della trimestrale al 31 marzo. Intanto gli americani hanno ristrutturato il debito accumulato con Goldman Sachs collocando il bond da 275 milioni sul mercato di Vienna.
E a breve la società si accinge a ridiscutere anche il contratto di locazione di Trigoria, per abbassare il canone e rinviare il pagamento della maxi-rata finale. Inutile dire che l’unico vero strumento alternativo agli aumenti di capitale e alle varie operazioni finanziarie resta la costruzione dello stadio di proprietà, che garantirebbe una crescita dei ricavi nel giro di pochi anni. Pallotta dovrebbe tornare a Roma a fine settembre, dopo oltre un anno di assenza, per capire se il progetto sarà finalmente sbloccato.
In caso contrario, farà una causa milionaria al Campidoglio e valuterà seriamente di avviare l’iter per l’impianto a Fiumicino. Il piano B è reale e dimostra che Pallotta si immagina ancora proprietario della Roma anche se saltasse l’operazione Tor di Valle.
Al momento di emiri e oligarchi non c’è traccia concreta e poco spostano le dichiarazioni dell’ambasciatore del Qatar in Italia: «Tutto è possibile -ha detto AI Jehani ad affaritaliani.it – al momento non sono a conoscenza se c’è in ballo qualcosa tra la Roma ed il Qatar ma se in futuro ci sarà la possibilità, la mia nazione coglierà l’occasione. Se sarà un buon affare, il Qatar farà la sua pro- posta». Si attendono i fatti.
FONTE: Il Tempo – A. Austini