Ciccio Graziani oggi cerca talenti in Sudafrica, a pallone ha dato tanto e ricevuto tanto. Campione del Mondo, campione d’Italia col Torino e due coppe Italia con la Roma, con la delusione della finale di Coppa dei Campioni persa ai rigori. E’ rimasto legato alla società giallorossa e la passione è rimasta intatta.
Cosa fa oggi nel calcio? “A marzo dovevamo andare in Sudafrica. Ci siamo bloccati per il Coronavirus, ma è un’esperienza molto significativa. Con Roma Cares facciamo tante cose per aiutare i bambini e farli divertire, gli portiamo tanti doni. Ci sono realtà difficili e con questi giovani dagli 8 ai 16 anni organizziamo una giornata di festa. Alla fine diventano tutti tifosi della Roma. Gli regaliamo un sorriso e a volte scopriamo talenti. Ho scommesso con Baldissoni che gli porterò un giovane promettente. Il ministro dello sport vorrebbe che andassimo più spesso, mi piace portare in giro per il mondo l’immagine della Roma”.
La Roma le è rimasta nel cuore… “Con la Roma sento di avere un debito di riconoscenza, perché ho più ricevuto che dato e mi dispiace essere arrivato solo a 30 anni. Mi sarebbe piaciuto cominciare a finire lì. Quei tre anni sono stati fantastici, per i rapporti con la città e i tifosi”.
Trovò Liedholm nella Capitale… “Con lui ho un rapporto conflittuale e di grande affetto. Quando arrivai mi disse: “Sono molto felice di poterti allenare, mi sei sempre piaciuto, sei un grande calciatore“. Io cercavo il dialogo, lui lo evitava, all’inizio facevo fatica, poi mi sono adattato. Era difficile da accettare quando ti lasciava fuori senza dirti niente, ma alla fine dell’anno mi è dispiaciuto quando se n’è andato”
Quando andò via era finito un ciclo… “Ho un grande rammarico, quella squadra doveva vincere tre scudetti, credo di aver giocato nella squadra più forte in assoluto, con potenzialità incredibili e forse non ce ne eravamo accorti neanche noi. Avremmo dovuto raggiungere traguardi maggiori, ho vinto due Coppe Italia ed è come se non fosse nulla, che rabbia”.
Di Bartolomei? “Di Agostino ho un bel ricordo. Era un po’ chiuso, come il Barone. Aveva un bel carisma, quando è successa la tragedia sono rimasto molto addolorato. Io sono un po’ arrabbiato, se avesse chiesto aiuto a chiunque di noi ci saremmo adoperati, magari anche per farlo rientrare alla Roma. Tutti in quella squadra lo avrebbero fatto, per questo mi porto un piccolo peso, perché non abbiamo capito che potesse arrivare una tragedia simile. Quando arriverò in Paradiso faccio due cose: prima gli do un calcio nel sedere, poi lo abbraccio”.
Agostino fu uno dei protagonisti in quella maledetta notte dei rigori contro il Liverpool… “I cinque rigoristi erano già stati ipotizzati, ma non scritti. Le sostituzioni di Cerezo e Pruzzo ci misero in difficoltà, il Barone per scaramanzia non ci faceva calciare i rigori prima della partita, ma di nascosto qualcuno lo tiravamo perché Tancredi ci chiedeva di farlo. Agostino mi disse “Fai come me, tanto lo scemo si muove sempre“. Andai male, un errore che mi porto dentro con grande rammarico, se avessimo vinto quella coppa saremmo nella storia della Roma. Mi pesa aver infranto il sogno di tanta gente”.
Se si tornerà a giocare la Roma ripartirà dal sesto posto… “Troppi alti e bassi. Fonseca è un grande allenatore, ha le idee giuste ed è innovativo. Ha avuto tanti infortuni, ma è mancata continuità, troppe sconfitte contro avversari modesti. La Roma meriterebbe il quarto posto come qualità. Dzeko può e deve fare molto di più, lo vorrei vedere più cattivo, mi fa incazzare che uno con le sue qualità abbia fatto meno gol di Joao Pedro o di Caputo”.
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. D’Ubaldo