Partiamo dalla fine, dai fischi dell’Olimpico che ancora non conosce vittoria, dai 40 mila tifosi delusi che tornando a casa col pranzo della domenica sullo stomaco si interrogano su chi, da Pallotta a Di Francesco, passando inevitabilmente per Monchi e il suo mercato estivo, sia il principale responsabile della crisi di inizio stagione. La caccia al colpevole è già iniziata, il secondo pareggio consecutivo nello stadio che non sa più essere fortezza ha fatto sprofondare la Roma, ora al bivio decisivo verso Madrid: svolta o buio pesto, la supersfida col Real può essere decisiva in un senso o nell’altro. I segnali non sono positivi, a far paura è una difesa troppo fragile che nelle ultime tre giornate ha incassato in media 2,33 gol a partita e non si riconosce più nel muro di un anno fa, solidissimo anche in Europa.
La partenza di Alisson da sola non basta a giustificare il crollo, al netto dei miracoli dell’ex numero uno brasiliano. Olsen ieri non ha demeritato e ha anzi permesso al g1alloross1 di salvare almeno la faccia con un intervento allo scadere su Giaccherini. Evitata la beffa della sconfitta, restano a galla i difetti di una squadra che secondo Monchi «è costruita per lottare per tutto e non deve porsi limiti», ma si fa ingenuamente rimontare 2 gol dal Chievo in casa e non trova la forza di reagire. Moduli, giocatori, cessioni e atteggiamenti, nel calderone delle accuse ci finisce un po’ di tutto: «Il risultato non è buono e – ammette Di Francesco – sono il primo ad essere incazzato. Ho preparato questa partita per vincere, convincere e cercare di arrivare a Madrid con la forza dei 3 punti. Non è successo ma non dobbiamo guardare indietro, bisogna affrontare la prossima gara con foga, rabbia e determinazione. Abbiamo qualcosina in più, ma è tutta una questione fisica e mentale. A livello difensivo manchiamo sempre in qualcosa ed è quello che stiamo sub endo di più in questo momento. Ora non dobbiamo fare processi, ma cercare di risolvere le cose».
Piovono comunque i «vattene» sui social network, diretti al colpevole di turno tra chi ha rivoluzionato una semifinalista della Champions e chi non ha saputo dargli un’identità. Nemmeno il ritorno al 4-3-3 è servito per ritrovare i vecchi equilibri, ma viene anche da chiedersi fino a che punto può dipendere dal modulo 0 dal mercato una sconfitta che alla fine passa dall’ingenuità commessa da un leader come Kolarov. Senza quella distrazione sarebbe forse cambiato il vento, riavvolgendo il nastro fino al fischio d’inizio ritroviamo l’entusiasmo della gente sugli spalti, gli applausi per ogni giocatore, insomma un’aurea di positività che è stata poi spezzata dagli episodi. «Questa è una rimonta che fa male, ci prendiamo le critiche perché non siamo riusciti a vincere e dovrò lavorare tanto dal punto di vista mentale: bisogna ripulirci subito e rialzare la testa», Di Francesco indica la strada mentre Monchi gli fa scudo: «Penso che abbiamo un allenatore bravissimo dentro e fuori dal campo, sono sempre al suo fianco. La responsabilità è di tutti: del ds, del tecnico e dei giocatori, dobbiamo tutti migliorare qualcosa». Lo dice prima del pareggio, ma il copia e incolla funziona a meraviglia e lui, con i fischi del pubblico nelle orecchie e scuro in volto, può lasciare l’Olimpico in fretta mentre mezza squadra è ancora negli spogliatoi, senza aggiungere nulla. Voce, e soprattutto fatti, a Madrid.