Colpevoli. Tutti. Nessuno escluso e mi ci metto dentro senza problemi. La Roma a Bologna è stata un disastro. Come con l’Atalanta, il Milan, il Chievo, il Real Madrid. Gli indizi ormai sono ben oltre la prova. Serve altro per capire che questa squadra ha carenze strutturali che vengono ulteriormente evidenziate dal quattro-tre-tre? Cosa altro deve succedere per prendere atto che la linea difensiva è abbandonata a se stessa, nove gol subiti in cinque partite di campionato sono lì a sentenziarlo? Che il centrocampo è un’ipotesi che non sta in piedi? Che i tre attaccanti sono un lusso che ora non ti puoi permettere? Che il gioco è rimasto, forse, solo nella testa di Di Francesco? Che non si ruba un pallone neppure per sbaglio? Che la transizione della palla avviene a velocità tartarughesche? Che i giocatori che vanno in campo sembrano farti un favore? Che non ce ne è uno che ti regala un sorriso? Che la Roma non ha mai dato l’impressione di essere una squadra, magari sbagliata, ma una squadra? In questi casi, quando si prende atto che quello che avevi pensato in campo non si vede neppure un po’, si cercano soluzioni alternative. Negli scacchi, per dire, quando ci si trova in difficoltà, ci si arrocca, con l’obiettivo di non dare ulteriori vantaggi all’avversario, cercando di prendere tempo in attesa che possa succedere qualcosa di positivo. La Roma fa il contrario. Continua a inseguire se stessa non capendo che quella sognata non c’è più e, con questa rosa, non ci potrà essere, al di là di qualunque discorso a proposito di spirito con cui scendere in campo, roba che questi calciatori non sanno neppure cosa sia. (…)
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