Walter Sabatini è arrivato, cinque anni fa, parlando di Totti come della «luce sui tetti di Roma» e se ne è andato, ieri, con la consapevolezza che quella luce non è tramontata, ma è invece sempre splendente. A tal punto da mettere in ombra tutto quello che c’è intorno. «A Totti – le parole dell’ex d.s – darei un Nobel per la fisica. Francesco non è clonabile, le sue traiettorie e parabole hanno rimesso in discussione Copernico, Keplero e la teoria della relatività. Totti, però, costituisce un tappo. Porta con sé una luce abbagliante, è un sole che oscura tutto il resto del gruppo di lavoro, che resta subordinato a quello che fa lui. Vicino a Totti non maturano le loro responsabilità. Ogni cosa che fa Totti finisce sotto i riflettori e comprime la crescita del gruppo». Ovvero il concetto espresso a più riprese da Spalletti. Cinque anni fa, di sicuro, Sabatini non avrebbe mai immaginato che sarebbe uscito prima lui da Trigoria che Totti dal campo.
L’ex d.s. ha gelato anche Radja Nainggolan: «L’adeguamento del suo contratto non è all’ordine del giorno, semmai ci sarà un premio per le prestazioni. I calciatori devono sapere che i presupposti sono cambiati senza Champions League». Al posto di Sabatini ci sarà lo scudiero «Ricky» Massara, arrivato con lui in giallorosso dal Palermo. Da quel momento in poi, Ricky, è cresciuto tanto all’ombra del suo maestro, fino a prenderne il posto nella cabina di comando della Roma: osservatore, traduttore, mediatore ma soprattutto grandissimo conoscitore del settore giovanile, Massara nella Roma ha fatto tutto. C’era anche lui, ad esempio, a New York quando James Pallotta ha voluto conoscere personalmente Rudi Garcia prima di affidargli la panchina, così come era presente a giugno, quando la Primavera di Alberto De Rossi ha vinto lo scudetto.
Massara, insomma, della Roma conosce ogni cosa e vuole giocarsi la possibilità di rimanere in sella. Ieri pomeriggio era a bordo campo nell’amichevole che la prima squadra ha vinto 3-2 (doppietta di Iturbe e gol di Gerson, si è rivisto in campo per un tempo Ruediger) contro la Primavera. «Non è il mio delfino, ma un professionista, laureato, competente e molto sensibile – è la benedizione di Sabatini -, accettate l’idea che sia il d.s. senza avere legami con me. La Roma avrà un futuro anche con lui». Difficile, vista la rispettive storie, dissociare le due figure. Ed è proprio questo il dubbio più grande. Sabatini ha infatti deciso di andarsene perché non condivideva più il metodo di lavoro della società: «Pallotta è un bostoniano allegro, frequenta i meeting ed è incline alla statistica. Io sono un europeo crepuscolare, viviamo il calcio in maniera differente: sarò sostituito da un’altra cultura». La cultura dei software e delle statistiche, diversa da quella che Massara ha respirato per anni. Solo se riuscirà a convivere con questo «new deal» il suo ruolo potrebbe non essere a tempo determinato.