Dzeko sì o Dzeko no? Oramai è un tormentone, uno dei tanti discorsi che scorrono nei vicoli della Capitale parlando di calcio e dintorni. Che poi sia bus, ufficio, bar o lavoro non importa, è uno di quegli argomenti che trasuda un po’ in tutta la quotidianità romana. Un bivio di fronte al quale ci si ferma, per poi decidere quale strada prendere. Di certo, il centravanti bosniaco della Roma continua a dividere più che unire, soprattutto nei giudizi e nella considerazione. Colpa di quei gol mangiati che vivono sulla scia di quelli della scorsa stagione, anche se poi Edin le cose giuste le fa e anche spesso. Come ha detto anche Spalletti a Firenze, «Dzeko è uno che ci completa: tecnico e fisico, con lui si può pure palleggiare». Vero, ma il problema è un altro. I gol, quelli falliti. Perché poi da inizio anno Dzeko è più attivo, più partecipe, più incisivo della scorsa stagione. Ma sulla sua testa pendono sempre quegli errori, quasi come una spada di Damocle.
IL CONFRONTO – Ed allora il discorso è capire cosa ci guadagna e cosa ci perde la Roma con o senza Dzeko. Spalletti gli «rimprovera» la mancanza di cattiveria e, di fatto, allo stato attuale è forse l’handicap peggiore per l’attaccante bosniaco. Fosse più cattivo, probabilmente avrebbe anche quel killing instinct fondamentale per un centravanti. Ce l’ha Higuain, ce l’ha Icardi e sta dimostrando di averlo anche Milik, le prime punte delle principali avversarie della Roma in campionato. Dzeko invece non ce l’ha e questo pesa. Anche a Firenze, domenica sera, ha fatto tante cose buone, venendo spesso a giostrare più basso per palleggiare con i compagni, dialogare, giocare anche di sponda. Ma poi tutto è evaporato di fronte a quel colpo di testa e quello stop di petto e successivo calcio alle stelle a tu per tu con Tatarusanu. Due occasioni simili, a cui ha fatto seguito la terza, quella del mancato rigore. «Da lui ci si aspetta molto, non è ancora riuscito a sbloccarsi — ha detto ieri Aldair a Rete Sport — Ma io ci credo, ha sempre fatto bene nelle altre squadre, credo che possa sbloccarsi presto».
I NUMERI – Spalletti per rilanciare Dzeko ha di fatto cambiato modulo, abbandonando il 4-2-4 che aveva messo le ali alla Roma nella seconda parte della scorsa stagione e optando per le soluzioni che prevedono il centravanti (4-3-3, 4-2-3-1 e 4-3-1-2). E Dzeko, ad esempio, in campionato lo ha ripagato anche con numeri positivi: 1,25 occasioni create a partita (contro una media del ruolo di 0,91), 5 tiri a gara (1,93 la media), poche palle perse (5,5 contro 9,24), a corollario due due gol, l’assist a Strootman a Cagliari e i due rigori procurati. E allora perché discuterlo? Perché poi, a margine di tutto questo, ci sono stati anche gli errori, forse meno clamorosi della scorsa stagione, ma ugualmente pesanti. E allora mentre Pallotta gira a Milano a caccia di investitori che possano finanziare il progetto del nuovo stadio, Dzeko a Trigoria da oggi tornerà a pensare come aggiustare la mira. Finora in giallorosso ha segnato 12 gol in 46 partite totali, con una media realizzativa dello 0,26. Forse basterebbe anche questo per capire che con un po’ più di cattiveria, anche questo dato sarebbe diverso. Forse anche molto diverso.