È tutta colpa di Mourinho, oggi. Era tutta colpa di Fonseca, ieri. È stata colpa di Di Francesco o di Ranieri, l’altro ieri. Passano gli anni, cambiano i presidenti, i ds e pure i capitani ma è sempre colpa dell’allenatore. Nella Roma, sistematicamente, funziona così: quando le cose non vanno, le responsabilità viaggiano a senso unico. E la squadra? I giocatori? Innocenti o al massimo non colpevoli. E il motivo di questa costante assoluzione resta misterioso. Mourinho, alla pari dei suoi predecessori, ci sta mettendo del suo per non cancellare la triste tradizione della mediocrità, ma non può essere l’unico ad aver toppato tutto o quasi.
Non può esserci soltanto la sua firma sotto i nove ko in campionato, sotto la batosta vergognosa di Bodo, sotto la surreale sconfitta maturata l’altra sera contro la Juventus. I risultati continuano a latitare, le figuracce ad aumentare e la pazienza dei tifosi è arrivata ai minimi storici. Segno che non è solo una questione di guida tecnica e che, quindi, la faccenda è molto più complessa. E ‘sta faccenda non può tener fuori dalla sua essenza la squadra, cioè i giocatori.
Nella Roma attuale, ad esempio, ce ne sono molti che meriterebbero di giocare in categorie inferiori tanto sono scarsi e/o sopravvalutati. Gente che non ha uno straccio di personalità, che si piega al primo refolo di vento, che non ha la statura tecnica per pensare in grande e neppure quella morale per provarci. In estate si diceva: se neppure Mourinho riuscirà a cambiare la Roma, chi altro potrà farlo? Siamo in inverno, e la domanda è rimasta in sospeso: chi se non Mourinho? Forse il mago Zurlì. Forse.
FONTE: La Repubblica – M. Ferretti