«Sì allo stadio, nei limiti di legge del piano regolatore». Detta così, la formuletta che in campagna elettorale era servita a giustificare il «ni» dei Cinque stelle al progetto Tor di Valle, riproposta ieri poco prima delle 13 da Virginia Raggi, manda pranzo e colazione di traverso ad un centinaio di persone, qui e negli Stati Uniti. Agli occhi di chi tifa per il nuovo stadio della Roma, la frase della sindaca è un colpo basso e inaspettato. Sferrato appena 24 ore dopo l’ultima riunione della Conferenza di servizi e a soli quindici giorni dalla conclusione dei lavori.
Cubature alla mano, infatti, restare nei confini del prg significa autorizzare lo stadio e pochissimo altro (per cui comunque sarebbe necessario approvare una variante): né più né meno, la posizione di Berdini. Che si pensava definitivamente superata dalla linea, più morbida, della sforbiciatina del 20% delle torri. Addirittura, circolava l’ipotesi che la Raggi si fosse convinta a firmare la variante al piano regolatore anche scavalcando il suo assessore. Evidentemente, però, l’ascendente di Berdini sull’elettorato grillino più movimentista (da Italia Nostra, non a caso, è già partito il primo ricorso al Tar), è un aspetto che la sindaca non può ignorare.
Con la conseguenza che la prima cittadina è di nuovo tra due fuochi: l’esigenza di non buttare a mare anche questo progetto per la città e l’impossibilità di ignorare il sentimento della base. Ieri, dopo pranzo, nelle telefonate preoccupate di Roma e Parnasi, il Campidoglio ha minimizzato il peso della frase, vendendo l’imminente apertura del tavolo tecnico, cui non parteciperanno assessori, come il gesto distensivo richiesto.
VARIANTE PER FORZA – Il tavolo «molto velocemente» studierà come e dove intervenire per ridurre quel 20% di cubature, se davvero tagliando il parco fluviale e dirottando i soldi sul potenziamento della Roma-Lido. Il guaio è nella durata di quel «molto velocemente». «Il tempo stringe – ha ricordato il governatore Zingaretti –, le chiacchiere non bastano più, servono gli atti». E devono arrivare entro due settimane, prima dell’ultima seduta della Conferenza di servizi, fissata al 31 gennaio, quando, solo in presenza degli atti richiesti al Comune (la variante al piano regolatore e lo schema di convenzione urbanistica), la Regione potrà sospendere i lavori e aspettare che l’Assemblea capitolina si esprima. Attenzione, impossibile fare a meno della variante, come vorrebbero i soggetti proponenti, considerando l’opera di interesse nazionale: la legge sugli stadi non prevede deroghe urbanistiche. Perciò, senza testo della variante, la Conferenza si chiuderà con un nulla di fatto. E, a quel punto, i proponenti potranno chiedere al Governo la nomina di un commissario ad acta.