Può sembrare paradossale che il tanto atteso semaforo verde al nuovo stadio della Roma con tutta probabilità arriverà in un periodo come questo in cui gli stadi dovranno rimanere deserti a causa dell’emergenza sanitaria per il coronavirus. Eppure nonostante il calvario di più tremila giorni, quelli passati dal momento della presentazione del progetto, l’iter sembra davvero arrivato a un punto di svolta.
Negli ultimi mesi si è arrivati all’accordo sulla Convenzione tra istituzioni e proponenti che sarebbe dovuta finire in aula a maggio, se non ci fosse stata la pandemia, ulteriore elemento di rallentamento, certo, per causa di forza maggiore, ma che non ha interrotto lo scambio di vedute e di documenti per giungere alla definizione pressoché totale del documento che assieme alla Variante al Piano regolatore generale rappresenta il più importante tra gli ultimi gradini che porteranno i tifosi della Roma in una nuova casa, moderna e costruita a misura di calcio e più consona per un club tra i primi 15 d’Europa.
Avanti in ogni caso Il progetto stadio è un percorso già tracciato, che prosegue la sua strada indipendentemente da chi sarà il proprietario della Roma nel prossimo futuro e da chi sarà il proprietario del terreno di Tor di Valle dove sorgerà il nuovo impianto. Sì, perché che sia Pallotta, padre e promotore della grande opera, o che sia Friedkin, per il quale lo stadio rappresenterebbe ovviamente una discreta, anche se non determinante, parte del business, la volontà, con il benestare della politica, è andare avanti e non potrebbe essere altrimenti visto che la nuova casa della Roma sposterebbe anche e non di poco il valore stesso del club.
FONTE: Il Romanista – G. Fasan