La Champions c’è, da sabato sera, ma il 3° posto non è ancora al sicuro. La Roma, pareggiando all’Olimpico l’ultima gara casalinga della stagione (0-0), non si unisce dunque alla festa della Juve. Non ha, del resto, la certezza di chiudere il torneo sul podio: dipenderà dai risultati di domenica prossima, dal suo a Reggio Emilia contro il Sassuolo e anche dallo spareggio dell’Olimpico tra la Lazio e l’Inter. Un altro pari sarà obbligatorio solo in caso di vittoria dei biancocelesti che sono 2 punti dietro. Di Francesco, insomma, deve aspettare il turno conclusivo. Allegri no. E già può mostrare il palmares della società bianconera e il suo personale: ecco il 34° scudetto, il 7° consecutivo e il 4° double di fila (record del tecnico, capace dell’en plein nel suo quadriennio). In Italia, insomma, il club di Agnelli fa storia a se.
PRUDENZA SCONTATA – Manca 1 punto. Di Francesco, intanto, si prende pure quello che manda a dama solo il collega, dopo aver però portato la società in Champions (dodicesima partecipazione). Non rischia contro la capolista, pure pensando al viaggio di fine torneo, Manolas e Perotti, in panchina con Strootman, dentro a fine ripresa. I cambi, dunque, sono scontati: Florenzi per l’infortunato Peres, Jesus accanto a Fazio e Pellegrini a centrocampo. Confermato, nel 4-3-3, il tridente pesante con Under, Dzeko ed El Shaarawy, cioè i migliori realizzatori della stagione. La Roma fa subito la partita, ma il ritmo è basso e quindi la Juve si difende senza sbandare. Gli unici pericoli, come spesso accade in situazioni del genere, nascono dai contropiede corti: Pellegrini vince il duello con Matuidi e scarica su Dzeko che calcia a giro sopra la traversa. Fa tutto da solo, invece, Nainggolan che, strappato il pallone a Pjanic, conclude pure lui alto. Allegri si arrabbia per gli errori dei mediani. Ma, dal sistema di gioco che è equilibrato e al tempo stesso prudente, è chiara l’intenzione di invitare i giallorossi a scoprirsi per colpirli usando le ripartenze, con Dybala sempre in agguato. Così, come nella finale di Coppa Italia vinta mercoledì contro il Milan, sceglie ancora il 4-4-1-1. Ma 4 giorni dopo gli interpreti, però, sono diversi. Rientra Higuain, con Mandzukic a sinistra che si sacrifica contro Florenzi. Sulla fascia destra usa la qualità di Bernardeschi e non l’esperienza di Khedira, annunciato nella formazione e uscito di scena al fotofinish (affaticamento muscolare). Il turnover bianconero chiama in causa 5 giocatori, compreso il portiere, con l’ex Szczesny titolare e il capitano Buffon a guardare in panchina. In difesa De Sciglio per lo squalificato Cuadrado e Rugani per Benatia.
FRASEGGIO SGRAMMATICATO – La Juve non accelera e si accontenta. La Roma, pur con il baricentro alto, spesso si allunga. Anche il palleggio è difettoso, con Nainggolan impreciso e nervoso e con Pellegrini frenetico. Dybala, all’alba della ripresa, segna da centravanti, ma Tagliavento annulla: fuorigioco evidente. Poche chance e quindi poche emozioni: Alisson (22° clean sheet stagionale, 17° in campionato) e Szczesny si aggiungono ai 55 mila spettatori. Allegri osa: Douglas Costa per Bernardeschi. Nainggolan, invece, chiude in anticipo la sua serata no e in meno di 5 minuti, si fa cacciare. Fallo da dietro su Alex Sandro e bis inutile su Dybala. La Roma, a metà tempo, è in inferiorità numerica. Di Francesco interviene, passando al 4-4-1 con Gonalons, fuori Pellegrini, accanto a De Rossi, poi sostituito con Strootman. Entrano pure Schick per Under e Betancur per Mandzukic. Ma il film del match ha ormai il suo finale. I fischi dell’Olimpico Non mancano. Sono, comunque, mirati. Accompagnano la gioia dei soliti campioni. Monchi, invece, scende in campo per stringere la mano ad Allegri che qui, il 7 maggio di 7 anni fa, conquistò il 1° dei suoi 5 scudetti. Con il Milan e sempre con lo 0-0. Di Francesco, per la prima volta nella stagione, va a ringraziare la Sud e gli altri settori dello stadio. Gli applausi sono reciproci. Questione di feeling.