«Abbiamo avuto tanti angoli ma li sfruttiamo poco per quelle che sono le nostre qualità». Lo ha fatto notare Eusebio Di Francesco dopo Roma-Torino. Non fine campionato, ma quasi. Da un po’, il tecnico, covava questo sentimento: la sua Roma produce pochi gol (in assoluto) da palla inattiva (nello specifico). Produce poco nonostante il grosso lavoro che si fa durante la settimana. Al di là dell’addestramento, questo è scontato e va migliorato, si correrà ai ripari anche in chiave mercato, il duo Monchi-Di Francesco (che sono «la stessa persona», cit) stanno valutando uomini in grado di fare la differenza su corner e punizioni. Talisca, ad esempio, è uno di questi, Verdi è un altro, molto abile sui calci piazzati, sia da destra sia da sinistra. Uno che batte bene i corner – oltre a Kolarov e Florenzi – è Under e tutti infatti ricordiamo il gol di Manolas col Barcellona. La Roma in Champions ha calciato una settantina di angoli, ma ha ricavato poco: la rete di Kostas è una bella eccezione. Non sosteniamo di certo che debba diventare la normalità, ma qualcosa che le si avvicini. Ricordiamo anche lo splendido cross su angolo di Pellegrini e il tiro al volo di El Shaarawy contro la Spal: una rete che si avvicina più a una prodezza che non a uno schema preconfezionato. Ma quel gol è agli atti. La Roma in campionato ha tramutato in gol quindici palloni da palla inattiva. Pochini, specie se si considera come la Lazio – la migliore in questo dato – abbia chiuso a ventisette. Discorso a parte è il calcio di rigore, che durante la partita è un l’evento eccezionale a differenza delle punizioni o dei calci d’angolo: ma anche qui siamo al cinquanta per cento di realizzazioni, tre su sei la Roma, mentre la migliore – sempre la Lazio – ha chiuso a nove su undici. Tornando al dato dei corner: la Roma ne ha battuti più di tutti, duecentocinquantadue.
SARRI DOCET – Ma da quei cross ha segnato meno di altri, ad esempio, del Napoli che ne ha calciati duecentotrentotto: reti della Roma cinque, quelli della squadra di Sarri, quattordici. Quasi un terzo in meno. Il concetto è chiaro, oltre all’allenamento servono quelli che sanno interpretare bene quel tipo di situazione e Insigne, Mertens, Hamsik, Pjanic e Douglas Costa, tanto per fare due esempi, sono più avanti rispetto ai giallorossi, che hanno in Kolarov l’unico (o quasi) in grado di incidere sulla palla inattiva. Infatti la squadra di Di Francesco ha chiuso il campionato con sole due punizioni dirette realizzate, entrambe per il piede sinistro del serbo e le ricordiamo senza consultare internet o gli almanacchi: Bergamo, prima giornata di campionato, e Torino. Il mito che per essere incisivi su palle inattive bisogna essere pesanti, ovvero avere chili e centimetri in area di rigore, è presto smentita proprio con i dati del Napoli, che in questo campionato ha mostrato una certa efficienza sul gioco da fermo pur non avendo attaccanti forti fisicamente (Milik non è stato quasi mai a disposizione). Di Francesco, a differenza di Sarri, ha anche gli uomini giusti per far male in area: la Roma ha segnato nove reti di testa (la media campionato è otto), cinque in meno della migliore, Inter. Dzeko è quello che ne ha realizzati di più, cinque (secondo solo a Pavoletti, il top con nove), poi uno per uno Fazio, Manolas, Pellegrini e Schick. Funziona bene invece la fase difensiva su palle da fermo: otto le reti subite (da corner solo due), l’Inter con sei ha fatto meglio. La conclusione diventa facile: la Roma legge bene le situazioni difensive e sfrutta male (o meno) quelle offensive. Che alla fine ti fanno vincere le partite, questo è noto. La Lazio, che sulla carta ha un organico inferiore alle prime della classe, è riuscita a tenersi a galla fino alla fine anche per questi dati. E se la Roma sta cercando sul mercato gente anche dal piede caldo, non ci stupiamo di certo. Questi dati sono a disposizione di tutti, i primi a saperlo sono Monchi e Di Francesco (che sono «un’unica persona» cit bis).