Se ne va perché, come dice da tanti, troppi mesi, «questa non è più la mia Roma». Con Pallotta non si sopportano a vicenda eppure gli lascia sul tavolo quasi un milione di euro lordi di stipendio, risolvendo a partire da oggi il suo contratto con nove mesi di anticipo. Tra una sigaretta e l’altra ha montato e rismontato la squadra per oltre cinque anni con quasi 200 operazioni, ha ingaggiato quattro allenatori più la triste parentesi Andreazzoli, ha comprato giovani talenti (Marquinhos e Lamela i due migliori aspettando Gerson), rivendendoli quasi sempre a peso d’oro, ottimi calciatori (Pjanic, Benatia, Strootman, Nainggolan, Manolas, Salah) e modeste comparse (ad esempio Kjaer, Josè Angel, Piris, Tachtsidis), fidandosi talvolta troppo dei tecnici. Spesso ha fatto le «nozze coi fichi secchi» ed è simbolico che il giorno del suo addio ufficiale alla società coincida – del tutto casualmente visto che aveva formalizzato il suo addio tre settimane fa – con quello in cui il cda ratifichi i ricavi più alti di sempre nel bilancio: quasi 220 milioni di euro, realizzati anche grazie alle plusvalenze e a una gestione del parco calciatori positiva per 64.2 milioni nell’ultimo esercizio. Sabatini è stato questo e molto altro e da oggi passerà il ruolo di direttore sportivo di Trigoria al suo fedelissimo vice Ricky Massara, con la regia neppure troppo oscura da Londra di Franco Baldini, l’uomo che chiamò Walter ancor prima dello sbarco degli americani e gli affidò il progetto tecnico della nuova Roma. Il dirigente umbro nel 2011 ha messo le mani su una rosa che a bilancio segnava un valore patrimoniale di 37 milioni e ora la lascia a ben 192,6 milioni. Basterebbe questo dato per dar forza al suo lavoro e allora perché Pallotta non ha fatto di tutto per trattenerlo al di là delle parole («Grazie Walter per tutto quello che ho imparato da te») scritte in un freddo comunicato pubblicato ieri a Borsa chiusa? Come detto, i rapporti con il presidente sono praticamente nulli da quasi due anni. Sabatini si è dimesso almeno tre volte, il dg Baldissoni è riuscito a farlo tornare sui suoi passi ma stavolta ha mollato. Perché non ha senso prolungare un matrimonio frantumato per tanti motivi.
Tutto nasce dalle «ingerenze», sempre maggiori, degli americani nelle strategie di mercato. E uno «spirito libero» come Sabatini questo non riesce a sopportarlo. Giusto per citare qualche esempio, nel 2013 non ha avuto l’ok della proprietà per comprare Aubameyang dal Saint Etienne per 8 milioni (ora ne vale una cinquantina), idem Douglas Costa, scegliendo poi (che errore) Iturbe; aveva venduto Romagnoli a 32 milioni ma Pallotta lo ha stoppato e poi ha dovuto cederlo a 25 qualche giorno dopo sempre al Milan. Per non parlare di cessioni che il ds avrebbe volentieri evitato, ma la lentezza con cui sono cresciuti i ricavi negli altri settori del club le hanno rese necessarie. Da oggi a Trigoria rimane un solo uomo di calcio con una certa esperienza: Spalletti, che ieri ha parlato con Sabatini. Oggi sarà il giorno dei saluti con i calciatori (ma in molti gli hanno telefonato in serata) prima della conferenza d’addio in programma alle 13. Conoscendolo, non mancheranno i fuochi d’artificio «ma non voglio esagerare – ha promesso Walter – perché voglio troppo bene alla Roma». È stato lui a convincere Massara a prendere il suo posto, pronto un contratto fino al 2019 per un dirigente apprezzatissimo dagli operatori di mercato ma da sempre una sorta di «ombra» di Sabatini. E di sicuro almeno fino al mercato di gennaio il suo «mentore» da fuori gli darà una grossa mano, anche se nel frattempo Walter deciderà da dove ripartire (Bologna o Palermo se Zamparini vende agli americani). Rinnovati i contratti di Nainggolan e Manolas, alcuni prossimi obiettivi sono già individuati, vedi Torreira. Pallotta testerà Massara nei prossimi mesi, Balzaretti allargherà il suo raggio d’azione, poi insieme al «consulente» Baldini si deciderà se introdurre una nuova figura. Nasce un’altra Roma che dovrà fare l’unica cosa mai riuscita a Sabatini. Vincere.
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