In 5 giorni, da lunedì a venerdì, la Roma è improvvisamente sparita. Dal campo e non solo. La stagione, dopo 3 turni di campionato, ha subito preso una brutta piega. L’involuzione, dopo il successo esterno con il Torino, preoccupa perché tocca ogni aspetto: tattico, tecnico e comportamentale. La mezza prestazione contro l’Atalanta all’Olimpico ha avuto la sua replica contro il Milan a San Siro. L’allenatore è il principale responsabile di quanto accaduto in settimana. Non serve ricordarglielo. Ha ammesso in pubblico di aver sbagliato. Ma non è certo l’unico da chiamare in causa. La crisi appartiene anche alla squadra e alla società. Ogni componente deve dunque collaborare per uscire dal tunnel in cui è finito il gruppo, affrontando e risolvendo i problemi elencati qui sotto. E da prendere di petto già durante la sosta (senza 13 nazionali, però).
GUIDA INCERTA – Di Francesco è nel mirino della tifoseria. Non per la confusione tattica vista contro l’Atalanta e il Milan. Perché non si è opposto alle cessioni dei big, soprattutto di Strootman. La questione ambientale, però, non c’entra con la fragilità della Roma. Che attualmente è incompiuta. Non c’è più la traccia. Il tecnico naviga a vista. Un esperimento tira l’altro. Metodo che non gli appartiene. Ad alto rischio. La condizione atletica deficitaria è invece l’handicap che sta incidendo di più sul rendimento della squadra. Per non crollare a metà stagione, l’allenatore ha modificato la preparazione estiva. Decisa, però, con il suo staff, essendo andati via i professionisti scelti in precedenza da Pallotta. Non ha, quindi, alcun alibi. E non lo è nemmeno il sistema di gioco, cambiato perché alcuni titolari, da Fazio a Kolarov passando per Nzonzi, non sono al top. Ma non schierare esterni, fino all’ingresso di El Shaarawy a San Siro, è sembrata un’esagerazione. Come insistere sul trequartista. Ha insomma rinnegato la sua idea di calcio, pure per dar spazio ad alcuni giocatori sui quali la società ha investito nell’estate 2017 e in questa. Rinforzi accettati, ma subiti. Pastore, ancora fuori dal coro, è intoccabile. E Schick, non a suo agio con Dzeko, adesso deve giocare per forza. A pagare, è Under, il più in forma degli attaccanti.
NERVOSISMO DI GRUPPO – «Non possiamo giocare così». Dzeko, durante la gara con il Milan, ha urlato questa frase più volte all’allenatore, chiedendogli di intervenire. Ma si è sfogato anche con Manolas, invitandolo a spingere la difesa verso il centrocampo, con Schick per la poca partecipazione e con El Shaarawy per l’eccessivo egoismo. Nello spogliatoio hanno già messo il muso Karsdorp, per non essere entrato al posto di Florenzi contro l’Atalanta, Lorenzo Pellegrini, per l’esclusione contro il Torino e la bocciatura contro l’Atalanta, e lo stesso Kluivert, mai titolare nei 3 match. Anche Perotti non è in sintonia con il tecnico.
CLUB CONTESTATO – Lo striscione del Gruppo Roma è inequivocabile, ancor di più nel weekend in cui segnano Nainggolan e Gervinho: Ma quale scudetto, ma quale coppa dei campioni! I vostri trofei: plusvalenze e cessioni. Il mercato di Monchi fa discutere: la rivoluzione, dal portiere in su, può rivelarsi pericolosa. «L’allenatore ha scelto gli undici migliori per affrontare il Milan». Così il ds ha dato la sua benedizione alla virata tattica, il 3-4-1-2 provato solo in un paio di sedute di allenamento. La Roma di Monchi, non quella di Di Francesco. Del resto la cessione di Strootman ha reso più complicata la conferma del 4-3-3 su cui il tecnico ha lavorato per 14 mesi. Oggi, oltre al leader, manca anche l’interprete con le sue caratteristiche. Eppure la rosa resta extralarge. Ma la difesa è meno protetta. E più vulnerabile.