Oggi, un anno fa, Eusebio Di Francesco entrava in conferenza stampa nella sala grande di Trigoria sapendo di non avere troppi argomenti, al di là di quelli proiettati sul futuro, per convincere i giornalisti che gli si paravano di fronte che l’imminente doppio confronto Champions/Campionato con uno squadrone di Madrid e una più abbordabile squadra di Verona sarebbero stati l’inizio di un cammino nuovo per la sua Roma. Che lui vedeva già i primi germogli spuntare dai semi piantati d’estate e anche se nessun altro coglieva questi segni lui non poteva certo fermarsi ad ascoltare tutte le critiche spesso ingiuste che gli venivano rivolte, perché aveva da lavorare.
Oggi, un anno fa, intorno alla Roma c’era uno scetticismo inusitato perché era andato via Szczesny e quel “bamboccione” brasiliano che l’aveva sostituito non dava alcuna garanzia e nella sfida con quella squadra di Milano aveva preso tre gol senza colpe particolari, è vero, ma non aveva convinto nessuno: «Rantola impotente», era scritto nella pagella di Repubblica.
Il dilemma della stagione che andava a cominciare (anzi, era già cominciata, male: vittoria ingiusta a Bergamo e sconfitta casalinga, altrettanto ingiusta a dire il vero, con l’Inter) era sulla convivenza (im)possibile tra Dzeko e Schick, a Di Francesco spettava il compito di provare a farli coesistere. Poi arrivarono il pareggio (fortunoso) con l’Atletico Madrid, con Alisson finalmente protagonista, e la vittoria sul Verona, che fecero schiudere le ali alla Roma, col crescendo che tutti ricordiamo. Dunque, aveva ragione Di Francesco oggi, un anno fa, quando in conferenza stampa chiedeva un po’ di pazienza per vedere i frutti del lavoro che si stava facendo.
Qualcuno faticò a dargli retta (fu pubblicato il 13 settembre l’indimenticabile articolo di Dotto su Dagospia in cui si implorava Pallotta di riconoscere l’errore commesso assumendo quell’allenatore scarso e privo di carisma e di correre ai ripari licenziandolo in tronco: le scuse arrivarono a metà novembre), ma alla fine ogni borbottìo fu presto sedato perché proprio da quel doppio confronto con Atletico Madrid e Verona la Roma prese lo slancio e Di Francesco trovò la sua squadra.
Oggi, un anno dopo, di motivi per dubitare sull’allenatore e sul valore della sua rosa non ce ne dovrebbero essere più dopo quel campionato e soprattutto quella semifinale di Champions e senza scomodare i corsi e i ricorsi si dovrebbe affrontare senza troppi patemi la vigilia di una doppia sfida di inizio stagione, curiosamente contro una squadra di Verona, il Chievo, e uno squadrone di Madrid, il Real, consapevoli della forza di un gruppo a sua volta consapevole delle proprie capacità, a prescindere dalla rocambolesca sconfitta contro una squadra di Milano (stavolta il Milan) dove il portiere ha preso due gol senza dirette responsabilità. Ma tanto è bastato per spargere nuovi dubbi. Così, ancora una volta basta questo – per l’appunto, sua maestà il dubbio – a scatenare le reazioni che solo una stagione realmente priva di soddisfazioni dovrebbe generare.
Lui, Di Francesco, (…)
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