Finisce con gli altoparlanti che mandano “L’anno che verrà” del monumento bolognese Lucio Dalla. Il capolavoro musicale che fa da sottofondo al tripudio dei tifosi di casa diventa quasi un grido di speranza per il popolo romanista. Guardare avanti per non ripensare alla desolazione assoluta alla quale è stato costretto ad assistere per l’ennesima volta.
E dire che i circa tremila nel settore dedicato sono stati animati dalle migliori intenzioni, dall’inizio fino a molto dopo la fine, quando ancora cantano mentre vengono fatti defluire dal Dall’Ara. Da dove provenga questa forza d’animo dopo aver assistito all’ennesimo scempio tecnico, appare un mistero agli occhi di chi non conosce le vicende giallorosse. Non a chi sta da quest’altro lato della barricata, abituato per anni a inorgoglirsi più per le prestazioni di canto e colore del proprio pubblico, che per quelle a lungo deficitarie della squadra.
Quei tempi sembravano finiti negli ultimi anni, con un gruppo che ha stabilmente occupato le zone alte della classifica, ma che in questo primo scorcio di stagione sta facendo rimpiangere anche predecessori di gran lunga più modesti. Almeno dal punto di vista tecnico. Perché poi il cuore, la grinta, l’anima, quel «fuoco dentro» invocato ancora alla vigilia dall’allenatore, per ora sono rimaste parole vacue. Nemmeno il ricordo di Giorgio Rossi, lo storico massaggiatore scomparso nella notte precedente la gara, riesce a smuovere quel qualcosa in più. Anche se forse con i giocatori in questa fase sarebbe già molto vedere il minimo indispensabile.
Tanto che gli stessi tifosi, in un finale che è più uno stillicidio che un tentativo di rimonta, ripropongono un coro appartenente a periodi poco gloriosi: «Vogliamo un tiro in porta», in mezzo ad altri poco ripetibili che non risparmiano nessuno, dal presidente al resto della società alla squadra. Sono stati proprio loro, quelli che hanno cantato senza sosta noncuranti del caldo estivo e di uno scempio di prestazione, a ricordare Giorgio Rossi – un’anima romanista vera e a 360 gradi – nel modo migliore: “Giorgio Rossi con noi” recita lo striscione. I giocatori portano il lutto sul braccio destro, mentre sul mancino del Capitano campeggia la fascia imposta dalla Lega, come annunciato dallo stesso De Rossi in settimana dopo le polemiche che avevano riguardato il suo rifiuto all’omologazione nelle occasioni precedenti.
La partita dei giallorossi dura più o meno mezz’ora, nella quale provano a occupare la metà campo avversaria, ma senza la necessaria incisività sottoporta. Dzeko è ancora evanescente. Kluivert a destra e Perotti dal lato opposto – esordienti dal primo minuto – sembrano più vivaci, ma anche i tentativi degli esterni risultano sterili. Alle loro spalle gli intermedi Cristante e Pellegrini sono i due volti più adeguati al momento: fragili, inconsistenti nei contrasti, costantemente saltati dagli omologhi in rossoblù. De Rossi in mezzo tenta di reggere la baracca come può, ma è spesso costretto al fallo tattico, che in un’occasione gli fa anche rimediare un giallo contestatissimo. (…)
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