La Roma fa scena muta al Franchi. Non in campo, dove la prestazione è dignitosa. Appena entra nello spogliatoio. Il black out è imposto dal management di Pallotta, dopo il pari meritatissimo conquistato contro la Fiorentina (1-1). Di Francesco e i giocatori tornano nella Capitale in silenzio. Solo Florenzi, non avvertito, racconta il suo gol in tv. E’ ancora sul terreno di gioco. Semplice il suo intervento davanti alla telecamera: 2 punti persi. Non dice di chi è la colpa. Ci pensa, però, Monchi. Che chiama in causa l’arbitro Banti e il Var Orsato. Più che l’arbitro di Livorno, nel mirino finisce quello di Schio. E’ lui a fare la differenza. Simeone, calcio in faccia a Olsen, riceve in premio il rigore del vantaggio. Dal direttore di gara. Chi lo dovrebbe fermare, correggere e quindi aiutare, è davanti al video. E invece è come se non ci fosse. Stesso comportamento che ebbe il 26 agosto 2017, nella notte del ritorno di Spalletti da allenatore dell’Inter all’Olimpico: fallo di Skriniar su Perotti in area nerazzurra. Irrati non vede e soprattutto non sente nessuno. Proprio come è accaduto sotto la collina di Fiesole.
PERFORMANCE AZZERATA – Adesso è ancora più difficile il percorso della Roma. Il raccolto in classifica, 16 punti in 11 partite e 9 dal 2° posto, è deprimente, il peggiore dal 2009/2010 che è poi la stagione conclusa da Ranieri al 2° posto. La zona Champions è a 2 punti, ma il Milan e la Lazio, al 4° posto, oggi hanno la possibilità di aumentare il vantaggio. I tifosi non pensano al Var e vanno alla stazione di Campo di Marte a contestare i giocatori. Perché il rendimento è scadente e l’atteggiamento irritante. Eppure la formazione numero 14 di Di Francesco su 14 partite sembra in partenza la più equilibrata e al tempo stesso pure la più propositiva.
IMPOTENZA PREOCCUPANTE – La Roma, almeno nel primo tempo, ha il pieno controllo del match. Prima e dopo il vantaggio della Fiorentina, timbrato da Veretout su rigore in omaggio. Il 4-3-3 di Pioli è sciapo: solo 3 punti in 4 partite. Il cortocircuito di Under, con il retropassaggio lento e soprattutto incauto, favorisce lo scatto in area di Simeone. Che scarta Olsen, si allunga la palla e colpisce in faccia il portiere. La testa di Olsen si gira. Sembra Orsato davanti al Var. Il tiepido applauso di Batistuta, cannoniere bipartisan, dopo la trasformazione certifica la gaffe. Mirata, perché questo vuole la classe arbitrale. Scredita la video assistenza, usandola a vanvera, per liberarsene. I giallorossi, comunque, insistono. Pressing e baricentro alti, Pellegrini che, da mediano, spesso sale accanto a Zaniolo a riprendersi il ruolo di trequartista che ha perso per l’indisponibilità di De Rossi. La differenza, fino all’intervallo, non la fa solo il rigore trasformato da Veretout, ma le chance sprecate di piede da Dzeko (almeno 2 grandi così) e di testa da Fazio. C’è anche il palo (7° stagionale), punizione di Pellegrini deviata da Milenkovic, subito dopo la rete viola a testimoniare la reazione dopo il torto ricevuto. Florenzi attacca a destra. Buona la prima da titolare in A di Zaniolo: personalità e intraprendenza. Suo l’unico tiro nello specchio, all’inizio della ripresa con deviazione di Lafont, fino al minuto 85 e quindi al pari di Florenzi. Olsen tiene in partita i compagni, salvando sull’ex Gerson. Le sostituzioni non aiutano: Cristante, da mediano e con Pellegrini di nuovo alto, per Zaniolo, Kluivert per El Shaarawy e Schick per Under.Gli esterni offensivi fanno cilecca e non decollano. Inutili. Bene quelli difensivi: cross di Kolarov e sinistro di Florenzi. Pari come al San Paolo contro il Napoli, in rimonta (ultima volta Bologna a marzo). Meglio che niente.