«Parla solo Totti». Vi sembra poco? Succede da sempre, quindi anche domenica sera. È lui a denunciare il nuovo sgarbo. Stona quel «solo». Anche perché, in quanto a torti subiti, se ne intende come nessun altro. La Roma, in questo senso, ha fatto centro, andando oltre il monologo di Monchi al Franchi per ribellarsi alla gaffe di Orsato che premiò, con quel rigore pittoresco, Simeone per il calcio in testa a Olsen. E scegliendo il testimonial mediaticamente più ingombrante per la spallata definitiva a questo Var che, usato così e quindi come peggio non si può, fa lievitare ingiustizie e veleni.
RITORNO AL PASSATO – «Basta, sennò mi radiano». Dalla «vergogna» dell’Olimpico al (quasi) silenzio di Milano dove ieri ha ritrovato Rocchi. Stretta di mano, davanti a Rizzoli. «Tutto chiarito», ha sorriso il fiorentino. Francesco, però, gli ha mostrato il telefonino: «Guarda qui». In foto, lo sgambetto di D’Ambrosio a Zaniolo. Ma, ricevendo il premio alla carriera dall’Aic («Io bandiera? È rimasta solo l’asta»), ha elogiato il sistema arbitrale: «L’Italia ha i più forti del mondo. Rocchi il migliore, ma dell’anno scorso…». Ha quasi assolto l’arbitro, ma il Var Fabbri no (a Udine negò il rigore a Pellegrini: fallo di Samir). Si è insomma ripreso il ruolo, interpretato spesso in proprio, di difensore della Roma. Più che dirigente, davanti alle telecamere, eccolo giocatore. Simpatico ed efficace. È tornato in campo, pure standone ormai fuori. E, chiamando in causa Rocchi, si sarà pure ricordato quanto disse la notte del 5 ottobre 2014 quando lo stesso arbitro confezionò il 3-2 per la Juve allo Stadium. Anticipò la giocata, chiedendo il varo della tecnologia. La chiamò moviola, da usare subito sul terreno di gioco. Sarebbe diventata la Var. L’unico a esporsi, al suo fianco, fu il ds Sabatini. Legato all’allenatore, come lo è oggi Totti a Di Francesco. «Vado nello spogliatoio, perché penso di capire certe cose meglio degli altri dirigenti» ha detto, confermando la sua centralità. E la presenza nell’attuale gestione tecnica. Che lo ha spinto a urlare, durante l’intervista con Roma tv, a Daniele Baldini, il collaboratore di Spalletti che è lì a stuzzicarlo: «Siete vergognosi voi, hai capito? Meglio che vado via per non litigare…». Quella notte di 4 anni fa, invece, Pallotta imboccò la polemica contromano, prendendo le distanze da Francesco e non da Agnelli. Adesso, però, il presidente la pensa come Totti. Da lontano, ma almeno si arrabbia. La rivale non è più la Juve che ha appena doppiato la Roma. Ultimamente ce l’ha con l’Inter che affronta il Financial Fair Play con l’astuzia riconosciuta alla famiglia Zhang. Come se la prese nell’estate del 2017 con il Milan, smascherando in anticipo il bluff di quella proprietà poi evaporata.
PROPRIETÀ SCHIERATA – Pallotta, oggi come ieri. Dal mercato alla classifica: le strisce rossoneroazzurre gli oscurano la zona Champions. La Roma è a -5 dal Milan quarto e -9 dall’Inter terza. Di Francesco non cerca alcun alibi per l’andamento lento, in campionato e non in Champions. Nessun pianto: il 7° posto, i 20 punti in 14 match e i 12 in meno di un anno fa non dipendono dai black out inconcepibili del Var. Gli errori del tecnico restano, come quelli di mercato del ds e quelli strategici della società. Ma la tecnologia deve essere uguale per tutti. Anche quando c’è da rivedere la tranvata, come ha chiamato Spalletti la spallata di Manolas che ha sbilanciato Icardi in area. Eppure dopo lo sgambetto di D’Ambrosio a Zaniolo, è passata in secondo piano la spinta di Perisic sempre su Zaniolo nell’azione del gol di Keita. Appunto, la tranvata. Sotto la Monte Mario e quindi, quella sì, sotto lo sguardo, spento proprio come il Var, di Lucio.