Più che l’interrogativo, è il dibattito a prendersi la Roma subito dopo il pari con il Milan, risultato ininfluente per la classifica ma di sostanza per la squadra e il suo allenatore. Solo venerdì sera a Verona, prossima partita contro il Chievo, potremo capire se questa è davvero la svolta buona. E, evitando di restare a metà del guado, non esclusivamente il ripensamento mirato alla difesa della panchina e quindi del posto. «Mi piace il 4-3-3» ha detto Di Francesco dopo l’1-1 dell’Olimpico. Nessuno ha mai pensato il contrario. Anzi, l’accusa più fastidiosa indirizzata verso il tecnico, è stata proprio quella di aver rinnegato la sua idea di calcio, e quindi il suo sistema di gioco preferito, per assecondare tatticamente il gruppo. Adesso l’assetto, riproposto già ad inizio ripresa nel pomeriggio dell’umiliazione vergognosa contro la Fiorentina al Franchi, sembra quello ideale per cominciare il nuovo percorso che deve riportare i giallorossi in zona Champions: il Milan, attualmente al 4° posto, è sopra di 1 punto (in più ha vantaggio del risultato dell’andata: quel 2-1 che, arrivando alla pari, promuoverebbe Gattuso).
SCHERMO IN REGIA – L’ingresso di De Rossi, come ha chiarito domenica sera l’allenatore, ha favorito l’aggiustamento in corsa: «Straordinario» e, aggiungiamo noi, per l’interpretazione del ruolo di play, basso e lucido davanti alla difesa. Se c’è il capitano, nessun dubbio: nai più titolare dal 28 partite (16 partite, dunque, su 30), ha garantito l’equilibrio che è spesso mancato ai giallorossi: 12 gol in 3 match (media di 4 a gara), prima della rete di Piatek. Finalmente la Roma non è stata fragile e Olsen non ha avuto lavoro come nelle gare precedenti. Pericoli e gol (1) solo per le gaffe che proprio non riescono a uscire dal dna di questi giocatori. A Di Francesco, ieri volato a Francoforte per la riunione tra i 16 allenatori promossi agli ottavi di Champions (meeting sulla Var) verrebbe da chiedere come mai, con 30 reti incassate in 22 match di campionato (l’anno scorso 28 in 38), non abbia pensato prima alla virata tattica. Ora l’esercizio dei se e dei mai non aiuta nè l’allenatore nè i giocatori, pure se a Firenze, con De Rossi in panchina e Nzonzi sostituito all’intervallo, Cristante si è piazzato in mezzo alle due linee da 4, tra la difesa e il centrocampo. E il modulo, soprattutto per riconquistare la solidità e ritrovare il comportamento di squadra, in fase di non possesso palla è sempre il 4-1-4-1.
DOVE È LA VITTORIA – Il 4-2-3-1 è stato utilizzato in 21 match, il 3-4-1-2 a San Siro contro il Milan all’andata (sconfitta che oggi pesa in classifica), il 3-4-3 con il Genoa all’Olimpico e con Zaniolo falso nove (Schick in panchina e Dzeko infortunato), e il 3-5-2 contro la Juventus a Torino. Il 4-3-3, scelto in 5 delle prime 6 gare stagionali e abbandonato dopo il ko di Bologna del 23 settembre (lì Pallotta avrebbe affidato la gestione tecnica a Paulo Sousa), si è visto 6 partite, contando l’ultima con il Milan (dopo 23 match). La Roma, con questo sistema di gioco, ha vinto solo al debutto in questo torneo: gol di Dzeko, in casa del Torino. A centrocampo, da titolare, ancora presente Strootman, prima dell’addio. Nelle altre 5 gare: i pareggi all’Olimpico contro l’Atalanta 83-3), il Chievo (2-2) e domenica contro il Milan (1-1). E 2 sconfitte esterne, al Bernabeu in Champions contro il Real (3-0) e al Dall’Ara contro il Bologna (2-0).