Il patto tra Monchi e Di Francesco è visibile in campo. In partita, ad essere più precisi. Ultimamente le scelte dell’allenatore sono state inequivocabili: spazio agli investimenti del ds, ai giocatori che, per completare la rosa, sono arrivati a Trigoria dall’estate 2017. Spesso alcuni di loro sono stati ai margini, altri sono andati via e altri bocciati, sia nella stagione scorsa che in questa. Da domenica sera, la virata. Questione di riconoscenza e fedeltà. Basta guardare la formazione di partenza schierata contro il Milan che, per sei-undicesimi, ha utilizzato calciatori acquistati nell’ultimo biennio: il portiere Olsen, i terzini Karsdorp e Kolarov, i centrocampisti Pellegrini e Zaniolo, l’attaccante Schick. E paradossalmente pure in quella di Firenze, spingendosi fino a sette. Il tecnico, proprio nella notte della verità, ha quindi chiamato in causa gli interpreti ritenuti al momento più affidabili e al tempo stesso ha dato forza al ruolo del suo principale interlocutore (e difensore). La svolta, insomma, è autentica. Domani a Verona contro il Chievo, con Cristante e Nzonzi che tornano a disposizione, insisterà sul nuovo progetto.
TIMBRO ANDALUSO Il mercato di Monchi, dunque, c’è e finalmente si vede. In campo, non ancora in classifica. Le operazioni del ds devono permettere alla Roma di chiudere il campionato al 4° posto e di giocare quindi anche la prossima edizione della Champions. L’obiettivo principale della proprietà Usa inciderà proprio sul futuro di Di Francesco e ovviamente di Monchi. Se non sarà centrato, l’allenatore e il ds non saranno confermati. Pallotta, ormai da tempo, tiene sotto osservazione la gestione tecnica.
E, pur non avendo limitato il potere di Monchi, ritiene insoddisfacente il rendimento stagionale della squadra e di alcuni acquisti. In questo senso il nuovo percorso di Di Francesco è seguito con interesse da Boston. Il coinvolgimento dei giovani, da titolari e non solo come ricambi, è stato un passaggio obbligato per l’emergenza delle ultime settimane in ogni reparto. La risposta è stata positiva ma non dovrà essere fine a se stessa. Gli emergenti dovranno rendere il gruppo più competitivo.
RICAMBIO GENERAZIONALE Non basta, comunque, la valorizzazione o, meglio ancora, la rivalutazione della rosa. La priorità resta il piazzamento della Roma a fine campionato: solo in caso di obiettivo raggiunto, Di Francesco incasserà il gradimento della proprietà Usa per l’iniziativa. Di sicuro l’allenatore, in quest’annata, è stato meno conservatore, cercando di dare un senso alle operazioni di Monchi. Proprio il contrario di quanto accadde nella stagione scorsa, quando i titolari sono spesso stati esclusivamente giocatori presi in precedenza da Sabatini. Eppure in estate andarono via Szczesny, Ruediger, Paredes e Salah e in inverno Emerson, cioè 5 punti di riferimento della squadra che con Spalletti fece il record di punti.
Di Francesco, ignorando il mercato del nuovo ds, andò avanti con il gruppo storico. Strategia che pagò soprattutto in Europa. Nelle partite più esaltanti dell’avventura giallorossa nella Champions 2018, i nuovi sono rimasti a guardare. Il 31 ottobre 2017, nella vittoria contro il Chelsea all’Olimpico (3-0) che certificò il 1° posto nel gruppo C, solo Kolarov trovò spazio nella formazione iniziale. Il 10 aprile del 2018, nel successo casalingo contro il Barcellona (3-0), ancora il fluidificante mancino e Schick, usato sulla fascia destra proprio come contro il Milan: appena 2 novità dall’inizio, per eliminare Messi e festeggiare l’ingresso in semifinale dopo 34 anni dall’unica volta nella storia del club.