Questione di tempi. Vale sempre. Nella vita, nel lavoro, nelle relazioni sentimentali, nello sport, nel calcio. Se li sbagli, i tempi, la conseguenza quasi sempre fa rima con fallimento. Quello con cui la Roma sta facendo i conti. In campo e fuori.
Ci sono molti indizi che possono dare almeno una parziale spiegazione a tutto questo: il mercato non è stato un successo, Nzonzi, Pastore e Kluivert, i tre acquisti più costosi, in panchina nel derby stanno lì a dimostrarlo; una squadra che non è mai stata una squadra inseguendo il calcio di Di Francesco che a questo punto temiamo non sia chiaro neppure a Di Francesco; i troppi infortuni muscolari, oltre trenta, che hanno fatto da filo conduttore per tutta la stagione; la scelta, ve possino, di soprassedere nel mercato di gennaio a qualsiasi operazione quando l’evidenza della necessità di un difensore centrale era chiara anche a chi non ha mai visto calcio.
Eppure i campanelli d’allarme si erano fatti sentire sin dal primo tempo di Roma-Atalanta, seconda giornata di campionato, quando la squadra B di Gasperini prese letteralmente a pallonate la nostra Roma. E poi Chievo, Bologna, Spal, Udinese, Cagliari, ancora Atalanta, ma pure le precedenti due al derby, Bologna e Frosinone vinte ma giocate da mani nei capelli, le sette pappine incassate in coppa Italia a Firenze. (…)
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