Claudio Ranieri torna a Roma dopo 8 anni. Lasciò per sua decisione, dimettendosi, il 20 febbraio 2011 dopo la ventiseiesima giornata di campionato. Genoa-Roma 4-3, con i giallorossi in vantaggio di tre gol e poi recuperati fino a essere superati nel punteggio. Partita assurda. Ventisei turni di Serie A segnano anche il confine e il percorso di Eusebio Di Francesco. È il ciclo del calcio, la natura delle cose. Non è mai una bella cosa quando viene cambiata la guida tecnica a stagione in corso, ma succede e bisogna guardare avanti. Ranieri si riprenderà la panchina romanista nel 2019, dopo la fugace esperienza col Fulham finita dopo pochi mesi per colpe non sue, in una stagione disgraziata con i londinesi di Craven Cottage relegati al penultimo posto in Premier League.
È finita così, senza troppi rimpianti per lui. Le cose inglesi non riguardano più il tecnico nato a San Saba e poi stabilitosi a Testaccio. Ranieri torna a Trigoria da vincitore e vincente. Ha conquistato una Premier League impossibile con il Leicester di Vardy, Kanté e Mahrez nel 2016. Stupendo tutto il mondo, portando in vetta una formazione che era quotata 500 a 1 dagli scommettitori d’oltremanica. Ma non s’è mai dimenticato delle radici, l’inclinazione romana non l’ha mai abbandonata, nemmeno nelle conferenze stampa in inglese. È un testaccino non solo per ragioni di quartiere, ma anche per il carattere pugnace che sa trasmettere alle squadre. Il suo romanzo con la Roma in panchina (non criminale, non c’entra la parentela stretta con Alessandro “Dandi” Roja) fu breve, ma intensissimo. Con lo scudetto sfiorato di tanto così, a dispetto dell’Inter del triplete di Mourinho. Stagione 2009-2010, Sir Claudio subentrò a Luciano Spalletti alla terza giornata. Prese una Roma a zero punti, dopo le iniziali sconfitte con Genoa e Juventus.
Nessuno gli chiedeva le stelle, tantomeno il primato. Eppure, dopo l’esordio stentato e vincente a Siena, quella squadra iniziò a carburare pian piano, come un diesel, arrivando a 24 risultati utili consecutivi. Due picchi: la vittoria con l’Inter 2-1 in casa con i gol di De Rossi e Toni (più il palo di Milito al novantesimo…) e il Lazio-Roma 1-2 risolto da una doppietta di Vucinic. In quel derby resta negli occhi e nella mente una mossa che lasciò tutti senza parole. Nell’intervallo, con un gol sotto, decise di sostituire i “totem” Totti e De Rossi per Menez e Taddei. Vinse la Roma e si confermò prima in campionato. La settimana dopo, il 25 aprile, arrivò la Sampdoria di Pazzini, Cassano e Delneri e il sognò sfumò. Così come pure la Coppa Italia in finale, persa 1-0 con la stessa Inter con rete di Milito. Gara ricordata pure per il calcio di Totti a Balotelli.
E su questo, Francesco e Ranieri sono stati i protagonisti di un simpatico siparietto, in occasione della presentazione della biografia “Un capitano”, andata in scena al Colosseo il 27 settembre 2018: “Il colpevole potrebbe essere stato lei (rivolgendosi a Ranieri, ndr).Inizialmente non giocai titolare, ero nervoso. Avrei dovuto giocare in campionato la sfida successiva con il Cagliari… Poi s’è messo in mezzo Balotelli, con cui avevamo dei precedenti e ho fatto quel gesto bruttissimo. Non da me”. Ranieri ci ha scherzato sopra e ha replicato in stile british: “La prossima volta non lo farò, giuro”. Tra le risate generali. Fu bello quell’anno, pur senza vincere. Alla fine i tifosi della Roma omaggiarono con uno striscione a Verona, nell’ultima giornata: “Chi tifa Roma non perde mai”.
Ranieri tifa Roma ed è tornato per dare una mano nelle ultime dodici giornate del torneo 2018-2019. È l’undicesimo allenatore dal 1927 ad avere guidato la prima squadra in almeno due periodi distinti. I casi più recenti di ritorni sono Zeman e Spalletti. Dal 2009, proprio dal primo subentro targato Ranieri, la Roma ha cambiato guida tecnica in corso di stagione per cinque volte. Dunque, nel 50 per cento dei casi. La storia è nota: nel 2009, Ranieri subentra a Spalletti alla terza giornata. Nel 2011, Montella subentra a Ranieri prima del recupero Bologna-Roma (poi vinta 1-0 dai giallorossi). Nel 2013, Andreazzoli subentra prima di Sampdoria-Roma. Nel 2016, Spalletti subentra a Garcia prima di Roma-Verona 1-1. E ora, è cronaca di questi giorni, il “welcome back” di Claudio all’indomani della sconfitta in Champions con il Porto.
Restando in ambito di cambi di guida tecnica ad annata calcistica iniziata, estendendo l’osservatorio alle altre squadre di Serie A che negli ultimi dieci anni hanno sempre partecipato al massimo campionato, senza retrocedere, emerge che il Genoa di Preziosi è stato il club ad aver operato più cambi in corsa (9). Seguono Udinese con 7, Chievo 6, poi l’Inter come la Roma con 5. Via via gli altri: Milan (3), Lazio (3), Fiorentina (2), Juventus (1), Napoli (1). Cambiare non è un bene, ma può fare bene. L’ultima volta che la Roma ci ha provato – nel 2016 – iniziò ad andare come un rullo compressore. Nel girone di ritorno, in 19 partite, Spalletti inanellò 46 punti toccando la soglia degli 80, piazzandosi al terzo posto a due punti dal Napoli di Sarri, recuperando terreno su tutte le pretendenti, Juventus a parte. Adesso (ri)tocca a Ranieri. E tocca alla Roma vincere, soprattutto.