Non è ancora la Roma di Ranieri. Che si è dedicato ai giocatori solo in un paio di allenamenti (subito più leggeri per prevenire gli infortuni) prima di metterli in campo contro l’Empoli. Ma questa, per coerenza, non è nemmeno la Roma. Con 8 assenti come Manolas, Fazio, Kolarov, De Rossi, Pellegrini, Dzeko, Under e, per fare cifra tonda, anche Pastore, un senso non ce l’ha. Non è neanche la Roma di Di Francesco perché, 37esima formazione in 37 partite, mai l’allenatore esonerato si è trovato con questa emergenza che ha dimezzato la rosa al nuovo arrivato proprio nella notte del debutto. Eppure Tinkerman, come lo definirono i perfidi inglesi nella sua avventura da coach del Chelsea (2000-2004), ha messo di sicuro la sua firma sul successo contro l’ex allievo Iachini. Piccoli accorgimenti. O, chiamiamole pure, se vogliamo, minime correzioni per prendersi i 3 punti e guardare avanti.
SEMPLICITÀ AL POTERE – L’Aggiustatore, da etichetta british, non si è smentito. E ha fatto subito centro, come il 13 settembre del 2019 a Siena, nel pomeriggio del primo esordio in giallorosso. Niente estetica, solo sostanza. E soprattutto sofferenza, oggi come ieri. Sir/Sor Claudio, però, sa che il percorso nella corsa Champions, mini torneo che adesso è di 11 giornate, è la volata in cui non è possibile fare alcun esperimento. Non c’è tempo per capire e programmare. Tantomeno per ripartire da zero. Ecco il 4-2-3-1. In corsa il 4-4-2. E giusto qualche mossa per non farsi trovare impreparati. In partita. Benzina sì. Ma normale e mai super, differenza che riporta nel passato. Poi, che sarà sarà.
RISCHIO (QUASI) ZERO – Ranieri si è concentrato solo sulla fase difensiva. Bocciata nei numeri: 56 reti, compreso l’autogol di Jesus (l’unico che l’allenatore ha visto dal vivo), in 37 partite. Vulnerabilità che non è da big. Tinkerman ha preparato la lista per presentarla poi ai suoi interlocutori. Con colloqui individuali e di gruppo. Ecco, in poche righe, lo stretto necessario per sistemarsi meglio e azzerare ogni pericolo: 1) terzini bloccati, in particolare nella ripresa; 2) ampiezza limitata, con gli esterni bassi e alti più dentro il campo e quindi più stretti; 3) mai palla indietro al portiere; 4) evitata la costruzione dal basso; 5) lancioni (aumentati del 20 per cento) per saltare il centrocampo avversario, coinvolgendo pure il portiere, e andare a combattere sulle seconde palle, semplicemente anche per cercare qualche spizzata del centravanti; 6) giro palla in sicurezza e in orizzontale, quindi più possesso come si è visto nel primo tempo, senza mai forzare la giocata o la verticalizzazione; 7) baricentro spostato dentro la propria metà campo, seguendo l’ultima volontà di Di Francesco; 8) niente pressing. Sembra la lista della spesa e invece è il minimo indispensabile per mettersi in viaggio verso il 4° posto. Non è casuale che, pur affrontando l’Empoli quartultimo (nessun successo esterno e solo 6 punti negli ultimi 3 mesi/12 match), quella di lunedì sera è stata la partita in cui la Roma, con il 4-2-3-1, ha subito meno conclusioni nello specchio della porta. Appena una, di Jesus, con quel disgraziato colpo di testa per l’autogol del momentaneo pari. Nessuna con il 4-4-2 della ripresa. Al Tardini, il 29 dicembre contro il Parma, furono due, quasi un inedito per la precedente gestione tecnica. «Dobbiamo ancora metabolizzare le novità» l’ammissione di El Shaarawy. «Quali? Io non ho detto niente…» ha sorriso Ranieri. Che ieri, a Trigoria, è stato docente al Master allenatori del corso Uefa Pro. Da Cerezo a Rivera, allievi per tutti i gusti. I tecnici saranno ospiti per due giorni della società giallorossa per il 4° stage della stagione.