Siamo onesti: l’unica preoccupazione che governa questa vicenda non è l’utilità pubblica dell’opera – che altrimenti l’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale avrebbe dovuto rimettere pesantemente in discussione –, ma la convenienza politica che autorizzarla o meno garantisce.
Alla fine del 2014, il dossier Tor di Valle ottenne dalla maggioranza Marino il bollino di interesse pubblico con il fiero e sdegnato «no» dei quattro consiglieri d’opposizione del M5S, De Vito, Frongia, Raggi e Stefàno. «È una speculazione, in quell’area non si può fare», denunciarono. Due anni fa, la Giunta Raggi soffiava sul progetto riveduto e corretto – tre torri e qualche opera pubblica in meno lo avevano reso improvvisamente digeribile – perché ottenesse rapidamente un nuovo ok dall’Assemblea capitolina, il costruttore Parnasi era assurto a nobile mecenate con cui scendere a patti, gli ortodossi grillini venivano messi o tacere o in qualche caso espulsi. (…)
Oggi l’imbarazzo sta nel farlo andare avanti. Il consulente Lanzalone a processo per corruzione, il presidente del Consiglio comunale De Vito in carcere e il fedelissimo Frongia indagato. (…)
Perfino la Raggi, qualche sera fa in tv, è apparsa per la prima volta titubante, incapace di rispondere ad una domanda che evidentemente semplice non è più: lo stadio si farà? Come la rivoluzione in quella canzone di Gaber: oggi, no. Domani, forse. Ma dopodomani, sicuramente.