Ottantasei giorni di infortunio. Più dolori, litigi, rispostacce, insulti. Eppure Javier Pastore ha dato una parte della colpa a Di Francesco, «l’allenatore che c’era prima», per giustificare i disastri della sua parabola alla Roma e per sottolineare la differenza rispetto a Ranieri, che ha rivitalizzato giocatori che sembravano «morti». Rinfrancato da un pomeriggio da protagonista contro il Cagliari, tra gol e traverse, dribbling e rabone, Pastore ha voluto inviare messaggi molto livorosi a un tecnico che «mi ha messo da parte».
I RETROSCENA – L’idiosincrasia tra i due è cresciuta nel corso dei mesi. Convinto da Monchi a lasciare il Psg con la certezza di un posto da titolare, Pastore ha subito parlato a Di Francesco assicurandogli totale disponibilità a giocare come mezz’ala del 4-3-3. «Mi impegno ogni giorno per adattarmi al ruolo perché l’ho promesso al mister», raccontava in estate a San Diego. Solo che i problemi al polpaccio, uniti alla carenza di equilibrio tattico della squadra, hanno spinto Di Francesco a modificarne il ruolo: Pastore ha prima giocato esterno d’attacco, segnando contro l’Atalanta, e poi è stato sempre utilizzato da trequartista, posizione dalla quale ha costruito il secondo gol di tacco del suo campionato, a settembre contro il Frosinone.
CRAC – L’infortunio del derby, il secondo della stagione, è stato l’inizio della fine. Di Francesco ha scoperto un’ottima alternativa come Pellegrini nella posizione di “10” e nel frattempo ha lanciato Zaniolo, un altro concorrente assai qualificato per la casella del trequartista. Dalla sostituzione del derby, Pastore ha giocato solo 76 minuti in campionato, senza essere mai scelto nella formazione titolare. Di Francesco, non vedendolo pronto, lo ha rilanciato soltanto in Champions League nell’inutile trasferta di Plzen, a dicembre, e poi in Coppa Italia, proponendolo sia contro l’Entella (partita intera e gol) che contro la Fiorentina (sostituito nell’intervallo).
ESPLOSIONE – Nella linea di mezzo tra l’infermeria e il campo dall’allenamento, Pastore andava a velocità ridotta rispetto alla media dei compagni, come dimostravano i test effettuati a Trigoria. Lo stesso Ranieri, quando è arrivato, ha lasciato intendere che Pastore sarebbe stato utile alla squadra soltanto se avesse cambiato atteggiamento durante la settimana. E così il risentimento verso Di Francesco è definitivamente esploso durante il derby del 3 febbraio. Chiamato a entrare in campo nel secondo tempo, ha insultato l’allenatore davanti alla panchina, forse infastidito dall’attesa.
RIECCOLO – Ora però lo scenario è cambiato. Avendo raggiunto una buona condizione atletica, Pastore ha capito che non gli restava molto tempo per riconquistare la Roma. E recuperato un posto da titolare in Serie A dopo sette mesi, ha dimostrato affidabilità abbinata al talento. Non è escluso, a questo punto, che possa essere confermato domenica a Genova, nonostante il ritorno di Zaniolo che Ranieri ha già lasciato in panchina contro l’Inter. Con un grande finale di stagione, Pastore potrebbe recuperare valore e appeal sul mercato internazionale: con altri quattro anni di contratto a quattro milioni a stagione da onorare, la Roma tifa per la sua riabilitazione. Per lo spessore tecnico e per le necessità finanziarie: ogni tanto, anche nel calcio dei commercialisti, i due elementi non sono antitetici.
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FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida