Derby. Una parola che a Roma ti viene insegnata subito. E non importa che tu abbia appena spalancato gli occhi alla vita, che tu sia sbarcato da un altro continente, o che tu sia maschio o femmina. Derby. Derby. Derby. E non si esaurisce nello spazio dei 180 minuti in cui le squadre s’incontrano ma dura tutta la vita.E allora ecco che per i tifosi il fatto che la rivale non vinca conta quanto un successo della propria squadra. E va bene anche un biscotto.
Basta imparare a memoria questo per capire la genesi di quel Lazio-Inter del 2 maggio 2010. Perché diciamolo chiaramente ai giocatori non interessa certo perdere di proposito, semmai sono i tifosi a chiederlo con le buone o con le cattive. In quell’occasione era molto chiaro cosa dovessero fare i biancocelesti di Edy Reja. D’altronde in agosto la Lazio aveva battuto l’Inter nella Supercoppa e andava già bene così. Parliamo dell’Inter del Triplete. Era il 2 maggio ma ricordava molto il 5 maggio 2002: Olimpico tutto schierato dalla parte dell’Inter. Stavolta però niente scherzi perché correre di nuovo il rischio di vedere la Roma Campione d’Italia era vietato.
Ancor di più perché due giornate prima la Lazio, che lottava per non retrocedere, aveva perso il derby con un rigore fallito da Floccari regalando il primo posto alla Roma. In mezzo la sconfitta dei giallorossi contro la Sampdoria il 25 aprile. Si comincia con tante sciarpe nerazzurre tra i sorrisi dei laziali, dentro tifosi dell’Inter (almeno seimila) e quelli biancocelesti si uniscono al grido di «A Roma solo la Lazio» e «chi non salta è giallorosso». Poi gli striscioni che vanno da «scansamose» a «Mou vinci per noi» esposto in Tevere. L’annuncio delle formazioni è seguito da un unico “olè”.
Pronti via e Eto’o colleziona subito una serie di occasioni. Muslera compie un miracolo ma lo stadio disapprova. Un clima non facile per i giocatori in campo che dalla curva ricevono cori molto chiari: «Bisogna perdere, in porta scansate» e ancora «Muslera mettete a sede». Segnano di testa prima Samuel e poi Thiago Motta. In entrambe le occasioni la curva Nord espone un enorme striscione con la scritta “Oh nooo”. Come a dire ci dispiace ma non troppo. Al fischio finale: parte la festa, con lo stadio che intona «Vincerete/vincerete il tricolor…».
IL KO CON LA JUVE NEL ‘73 Ironia del destino a commentare l’accaduto fu Kolarov all’epoca terzino laziale: «Sono ancora sconcertato per quanto accaduto. Nella mia carriera non avevomai assistito a nulla di simile». Sulla regolarità o meno della gara ammise: «Tutti hanno visto quanto ci siamo impegnati durante tutta la partita. Però ecco immaginate come si possa giocare ascoltando il coro «Se vincete, ve menamo»». Infine una stoccata al risentimento della Roma per quel risultato: «E’ un problema loro. Non è colpa nostra se hanno perso con la Samp». Biscotto e contro biscotto perché a parti invertite, sui social c’è chi ricorda ai romanisti un episodio del campionato 1972/73. In quell’occasione è la Lazio a gridare al complotto quando la Roma, in vantaggio al riposo contro la Juventus, nella ripresa subisce la rimonta consegnando di fatto lo scudetto ai bianconeri, in lotta per il titolo con Milan eLazio.
FONTE: Il Messaggero – E. Bernardini