Il futuro della Roma si scrive nella Capitale e, al momento, si legge a Reggio Emilia. Ma la piega presa è la peggiore, dentro la società e in campo: in 2000, davanti alla sede di via Tolstoj all’Eur, urlano la loro rabbia e chiedono a Pallotta e il suo management di andar via; in 24 (i 23 convocati e Ranieri), stasera allo stadio Mapei contro il Sassuolo, cercano il successo per restare in corsa per la zona Champions e sono però consapevoli che nemmeno l’en plein nelle ultime 2 partite (il 26 maggio la chiusura all’Olimpico contro il Parma) li mette al riparo dai fastidiosi preliminari di Europa League. Se il presente, dunque, è avvelenato, il domani è indecifrabile e, di conseguenza, al buio.
NESSUNA MEDIAZIONE – La tifoseria giallorossa, quindi, toglie definitivamente la fiducia alla proprietà Usa. Al presidente e a chi lo rappresenta, qui e soprattutto a Londra. Basta con Pallotta, Baldissoni, Fienga e Baldini: è l’input della piazza dopo il mancato rinnovo a De Rossi. Ma la contestazione della gente, pur di forte impatto mediatico, non fa cambiare idea a chi governa la società dall’America e dall’Inghilterra. Gli striscioni e i cori, rimbalzati nel pianeta via Internet, sono agli atti proprio come le decisioni e i programmi. Nessuna modifica in vista, ascoltando la protesta che non è solo degli ultrà.
«Non si torna indietro, alla Roma gestita, fino a qualche anno fa, come fosse un bar» la sintesi del pensiero di chi suggerisce ogni strategia dalla City. E che il presidente gira ai suoi dipendenti italiani. Presto a Trigoria si presenterà l’8° allenatore dell’era statunitense (iniziata nel 2011): il candidato con più chance resta Gasperini, anche perché somiglia a Conte che ha, invece, scansato il progetto giallorosso. Va bene a Pallotta, al management romano e al nuovo ds Petrachi. Pure al presidente-ombra Baldini che, però, insiste per Sarri, tentando il ribaltone last minute.
ROSA AZZERATA – Ma, a prescindere dal prossimo tecnico, la Roma ripartirà da zero. Via i senatori. De Rossi è stato solo il prologo. L’addio è scontato pure per Kolarov e Dzeko. Da verificare alcune posizioni dopo aver interpellato Gasperini o chi per lui: Fazio, Nzonzi, Pastore, Perotti, Santon e Olsen. La società giallorossa considera i big logori, fisicamente e mentalmente. Si volta, dunque, pagina. Largo ai giovani. Quelli che sono già a Trigoria e gli altri che arriveranno. Ma il piano è senza rete: le clausole di Manolas (36 milioni) e Pellegrini (30 milioni) mettono a rischio i titolari della squadra che verrà. E chissà se Zaniolo ed El Shaarawy, in attesa di rinnovare i rispettivi contratti, insisteranno per restare.
TRASFERTA INSIDIOSA – Il penultimo match di campionato, intanto, passa in secondo piano, anche se la Roma è chiamata a risalire la classifica: contro il Sassuolo entra in campo al 6° posto. Disorientati i giocatori arrivati ieri sera a Reggio Emilia. Con loro, Baldissoni. Non Totti che, rientrato nella Capitale, rinuncia al viaggio: impegno personale (versione ufficiale). Ranieri, perso Manolas (distorsione alla caviglia) e recuperato Pellegrini, vorrebbe salvaguardare De Rossi, psicologicamente provato, e preservarlo per la partita contro il Parma. Pastore insidia Zaniolo, ma solo se il sistema di gioco sarà il 4-2-3-1. Possibile la conferma per il centrocampo e l’attacco decisivi nel finale contro la Juve: nel 4-3-3 spazio a Cristante, Nzonzi e Zaniolo dietro al tridente con Under (in ballottaggio con Kluivert), Dzeko ed El Shaarawy.
FONTE: Il Messaggero – U. Trani