Dzekolarov non è soltanto la crasi dei cognomi di due grandi calciatori, i realizzatori di Bologna, ma è anche l’ideale simbiotico della nuova Roma. E’ finito il tempo dei mal di pancia individuali, dei nervosismi tossici. Dietro la regia silenziosa di Petrachi, dietro le lezioni rumorose di Fonseca, sta nascendo piano piano un gruppo coeso e ambizioso in cui l’intesa reciproca e l’organizzazione interna stanno smantellando le incertezze di partenza.
Bilancio In sole quattro giornate la squadra ha raggiunto la velocità di crociera necessaria a centrare l’obiettivo dichiarato, la Champions League, con il quarto posto in classifica e la media di due punti a partita. Da quattro anni la Roma non cominciava così forte in campionato. E i risultati, dopo le prime deludenti esibizioni, non sono casuali. C’entrano intanto i rinforzi: Mkhitaryan e soprattutto Veretout, aspettando Smalling, hanno migliorato la qualità e la sostanza della squadra, consentendo tra l’altro a Lorenzo Pellegrini di giocare da trequartista. Ne sono derivati un equilibrio tattico più visibile e una maggiore concretezza off ensiva.
Non è ancora tutto perfetto, come la partita di Bologna ha dimostrato: Pau Lopez ha salvato la palafitta sull’1-1, tanto da sentirsi dedicare la vittoria da Dzeko, e la manovra è apparsa spesso scolastica e farraginosa. Ma nel percorso di crescita globale, per la Roma è importante aver acquisito una suffi ciente stabilità (tre gol subiti nelle ultime tre partite) e preso possesso della metà campo avversaria, come chiede l’allenatore: la supremazia territoriale al Dall’Ara è stata evidente anche se poco produttiva in termini di occasioni da gol.
Aggiustamenti Fonseca era molto preoccupato dopo il derby, pareggiato con poca gioia. Ha capito in quel momento, scampato il pericolo, che alcuni suoi dettami tattici non erano adatti al momento della squadra. E così, attraverso il dialogo con i calciatori, sono nati i correttivi: il primo, abbastanza ordinario nelle situazioni di diffi coltà, è stato il bloccaggio di uno dei terzini (a Bologna è stato Florenzi a coprire di più). Ma anche il movimento dei trequartisti, di conseguenza, è leggermente cambiato.
Adesso le ali puntano più il fondo, o comunque la fascia, senza cercare per forza l’interscambio con gli altri trequartisti per aumentare la densità centrale. Se Fonseca ha molto insistito su Kluivert, rinunciando al talento e alla fi sicità di Zaniolo, dipende dal fatto che in organico non esistono altri giocatori veloci che sappiano attaccare la profondità: quando tornerà a disposizione, Ünder sarà un titolare diffi cile da sostituire. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida