È il giorno del confronto. Non si sa quanto possa essere utile, ma deve comunque esserci. E non per inviare lo scontato messaggio alla piazza che si aspetta l’intervento dell’allenatore e del management di Pallotta dopo l’orribile prestazione di Reggio Emilia. Che, pure se lontana ormai 3 giorni, nessuno si può permettere di archiviare semplicemente come il 7 ko in 30 match stagionali. L’aspetto mediatico, insomma, passa in secondo piano. La priorità è la condivisione del percorso per centrare l’obiettivo che resta la partecipazione alla Champions: il 2° fallimento di fila certificherebbe il ridimensionamento del club giallorosso.
PUNTO E A CAPO Parola ai protagonisti, se possibile già stamattina (ieri assenti sia il tecnico, a Coverciano per la panchina d’oro, sia il ds). Il chiarimento, del resto, è d’obbligo. Le scorie della sconfitta contro il Sassuolo possono diventare fatali nella corsa al 4° posto. Quanto visto e ascoltato sabato non giova all’immagine della Roma che dà la sensazione di essere spaccata nelle sue principali componenti: allenatore, calciatori e dirigenti.
Le sostituzioni in corsa di Fonseca e i concetti a caldo di Dzeko hanno messo in discussione il lavoro di Petrachi che, senza budget per la sessione invernale del mercato, non ha migliorato la rosa giallorossa nel mese di gennaio. Sotto esame il ds, dunque, come la squadra. I comportamenti dei giocatori in campo entreranno nel dibattito. Non sono piaciuti all’allenatore e alla dirigenza: inconcepibili la superficialità, la presunzione e la distrazione mostrate in partita.
Atteggiamento recidivo: basta tornare al 1° tempo della sfida di Coppa Italia contro la Juve a Torino, lo scorso 22 gennaio, per vedere la fotocopia dei 26 minuti iniziali nel match di campionato contro il Sassuolo a Reggio Emilia.
CENTRAVANTI SCOMODO Manca la qualità: è il refrain di moda dopo l’intervento sincero di Dzeko. Al management di Pallotta non è andato giù lo sfogo a cielo aperto dell’attaccante. Che, restando l’estate scorsa in giallorosso, sposò il nuovo corso che però è già in crisi d’identità. Improvvisa la sua virata, avendo preso atto dei limiti del gruppo. Incompleto e acerbo negli interpreti. Quindi lontano dalla realtà del campionato: la Roma è distante dalle big che sono solo 3 perché il Napoli ha sbagliato la stagione.
Perplessità che gli sono apparse d’incato dopo i cambi di Fonseca che, anticipando il suo giocatore, ha messo in piazza il campionario dei ricambi che non sono da grande squadra: Peres come sostituto di Florenzi, Perez di Zaniolo e Villar di Diawara (spostati a oggi i test per sapere se sarà necessario l’intervento chirurgico per evitare danni alla cartilagine del ginocchio). Il portoghese avrebbe voluto interpreti pronti. Nessuno dei 3 lo è, a cominciare dall’esperto Bruno Peres, fino a qualche settimana fa impegnato con lo Sporting Recife (serie B brasiliana).
E dentro pure i classe ‘98 arrivati dalla Spagna dopo appena un paio di allenamenti con i nuovi compagni. Dzeko, parlando con l’allenatore nel post partita, ha invece sponsorizzato l’affidabilità dei senatori: certificato di garanzia per il gruppo. Alcuni rientreranno venerdì contro il Bologna: Kolarov, forse Pastore e magari Fazio, se Mancini dovesse tornare a centrocampo per l’assenza di Pellegrini.
La posizione del club, però, resta quella di fine 2019: la Roma è da zona Champions. Numericamente e tecnicamente. Ecco perché non accetta le esternazioni in pubblico e le sbandate in campo. E adesso all’allenatore contesta di essere stato di manica larga in occasione del Natale: eccessiva la pausa, con 9 giorni di riposo.
FONTE: Il Messaggero – U. Trani